Crisi del settimo... album?Ho sempre stimato Andy B. Franck come uno dei migliori cantanti che la scena metal tedesca ha saputo proporre e, per quanto sottovalutato, lo ha dimostrato ovunque ha messo in gioco la sua voce, dagli Ivanhoe e Brainstorm, sino ai
Symphorce.
E lo ritroviamo proprio dietro al microfono del settimo album di questi ultimi, "Unrestricted", che, nella migliore tradizione del gruppo, non li vede rinunciare alla ricerca di nuove emozioni e soluzioni musicali.
Non stupisce pertanto trovarsi di fronte ad un'opener, "The Eternal", dove si può subito notare come i Symphorce abbiano accantonato l'impronta thrash data al precedente "Become Death" (2007), a favore di quel approccio più melodico, qui addirittura con un tocco sleazy, e moderno (sottolineato dall'insistito impiego di effetti e campionamenti) che risulta evidente anche nelle canzoni successive, la ritmata ed ammiccante "Until It's Over" ed un’incerta "Sorrow in Our Hearts".
Le perplessità che stavano già iniziando ad affiorare vengono però allontanate da due brani. "Whatever Hurts" e la gothicheggiante "Visions", davvero in grado di tradurre la tensione ed il dramma in musica, con un Andy Franck che offre il meglio di se.
Peccato che tra queste due canzoni si incappi nella tutto sommato canonica e banale "The Waking Hour", che fa poi il paio con "The Last Decision" dove Franck si fa decisamente
dickinsoniano, per un accostamento, quello con il cantante dei Maiden, che sembra tornare più volte ("The Mindless", "Worlds Seem to Collide") nella seconda parte del disco, quando i Symphorce mostrano un po' la corda per idee ed ispirazione, e dove la traccia migliore risulta essere la conclusiva "Do You Ever Wonder", quando sembrano far capolino addirittura i Sentenced.
Un disco quindi riuscito a metà, direi al pari dell'ultimo parto dei
cugini Brainstorm ("Memorial Roots").
Peccato: "
Twice Second" e, sopratutto, "
Godspeed" erano di ben altro livello.
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