Domanda: quando l’ispirazione diventa un peccato? Fino a che punto un artista può prendere il via dall’opera di un altro, senza per questo risultare un mero ricopiatore, od un pedissequo esecutore di musica inventata da altri? Domanda importante, perché è intorno alla sua risposta che ruota il giudizio sul debut album dei finlandesi
Anthriel, questo “
The Pathway” che rischia di entrare nella mia top five di fine anno.
Ed allora, disco clamoroso o copia carbone ben riuscita? Ascoltando questo album, infatti, non potranno non venirvi in mente i
Symphony X degli anni che furono, quelli di “The Divine Wings of Tragedy”, per intenderci: stessi suoni, stesso stile in composizione ed arrangiamento, stessa mostruosa bravura agli strumenti e stesso power/prog infarcito di neoclassico. L’unica cosa che cambia è la voce, laddove l’inarrivabile Russell Allen vince il confronto con un pur strepitoso Simo Silvan, meno lirico e più “maschio”, ma forse anche meno espressivo del suo più famoso collega. Poco importa, questo album è un coacervo di perle, una via l’altra: la powerosa e drammatica “
Devil’s Lullaby”, la strepitosa e cattiva “
Mirror Games”, e così via fino alla lunga, articolata, strabiliante “
Chains of the Past”, giuro, potrei spendere una recensione per ogni brano: tutto qui vi riporterà alla mente quel prog-metal così lirico nei suoi colori, cattivo, tecnicissimo e longevo: questo album potete ascoltarlo mille volte, vi assicuro che ci troverete continuamente nuovi spunti… Bello come non succedeva da tempo.
Insomma, un album da 9, ed un dubbio grosso come una casa: fino a che punto devo accettare che l’ombra lunga dei Symphony X influenzi il mio voto su “The Pathway”? Come direbbe Malmsteen, “preferisco che copino, ma almeno che lo facciano bene”. Mica facile, eh.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?