La storia di
Alex Masi comincia nel 1984 con i
Dark Lord, band formata da Alex stesso e dal batterista
Sandro Bertoldini ed attiva soprattutto nel nativo Veneto. Nel maggio dello stesso anno esce il primo ep autoprodotto ed è subito evidente di come Alex sia un chitarrista di livello internazionale. Nel dicembre del 1985 esce il secondo ep del gruppo intitolato
State Of Rock, nel quale debuttano il bassista
Renzo Zulian e il cantante
Emanuel Jenee. Poi la band rimane inattiva quasi due anni perdendo proprio Alex Masi che si trasferisce a Los Angeles per unirsi ai
Sound Barrier, trasformandoli in seguito in questo progetto semi-solista; infatti nei Sound Barrier (al posto di
Spacey T.) il suo contributo è subito determinante. Insieme a
Bernie K. (voce),
Dave Brown (batteria) e il bassista
Chris Marx registra l'album
Fire In The Rain che viene pubblicato nel giugno del 1987, ma non riesce a decollare sul mercato. Sono anche gli anni degli
Astaroth in quel di L.A.; ma se per un gruppo di puro heavy metal come i romani era dura imporsi (....era così anche per gli
Armored Saint, figuriamoci); per i Masi, soprattutto in questo
Downtown Dreamers il compito doveva e poteva essere più agevole, visto che come look si rifacevano a
Ratt e
Dokken ed anche la musica non era così distante.
Anche perché la formazione venne rivoluzionata. Alla voce arrivò un grande vocalist come
Dave Fefolt, un incrocio tra
David Coverdale e
Klaus Meine, proveniente dagli
Hawk di cui si ricorda un ottimo album auto intitolato nell'86. Con lui arriva anche il batterista
John McKeighan, sempre degli Hawk, ed il bassista
Claus Widt. Dopo l'uscita del disco vanno in tour con i
Nazareth e Alex scrive ed interpreta quattro canzoni per la colonna sonora del film
Black Roses.
Tornando a Downtown Dreamers troviamo un brillantissimo disco di class metal, dal tono sempre però piuttosto arcigno, come nella stupenda
Thunder And Lightning.
God Promised A Paradise è dominata da un coro a presa rapida.
Hellraiser non è lontana dai
Malice, con il suo heavy conturbante e gli splendidi assoli di Alex.
Hangin' On è una bella ballad munita di passaggi elettro- acustici di grande pregio.
Foggy Day In Hollywood diventa una palestra d'esercizio per Alex.
Movin' On è di stampo più yankee con un altro coro vincente.
Questo è in definitiva l'album con cui Alex avrebbe potuto sfondare ed invece rimane semplicemente uno dei migliori prodotti a partecipazione italiana degli '80.
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