Per deformazione professionale ed attitudine caratteriale sono sempre piuttosto scettico, ma pronto ovviamente a cambiare idea, quando sulla scrivania mi arriva qualche album di stampo hard/metalcore, genere a dir poco inflazionato e denso zeppo di formazioni non solo inutili ma dannose che hanno saturato una scena che infatti, ed aggiungo fortunatamente, sta lentamente tornando nei ranghi che gli competono.
Lo avrei fatto anche con questi Dreaming 23, provenienti dalla Sardegna, ma solo il fatto che siano sotto contratto con la This is Core Music mi ha fatto approcciare al loro debutto "Bittersweet" con maggiore fiducia, dato che al momento questa label ha sempre prodotto materiale di qualità o perlomeno decente.

Anche in questo caso la proposta è più che soddisfacente sebbene la descrizione sia a dir poco fuorviante: qualche urlaccio in più e qualche accelerazione qua e là non possono trasformare un punk rock pop nell'hardcore di cui si parla in giro: va bene, non è un problema, però un peccato sì, dato che nelle parti più tirate e pesanti questi Dreaming 23 dicono pesantemente la loro, mentre in quelle più spensierate (sì, pensate all'estate, il mare, la spiaggia, il macchinone che passa davanti, una festa con birra, ragazze in bikini ecc ecc, sono tutte cose che ci stanno a perfezione nella musica proposta da "Bittersweet") il discorso cambia un po', passando da brani solo carini, ad altri un po' anonimi, ad altri invece più che soddisfacenti ma senza gridare al miracolo.

L'inizio è di quelli col botto e la breve intro ci porta direttamente dentro "Stucked", intelligentemente posta ad aprire il cd, dato che è indubbiamente uno dei brani migliori, tiratissimo, entusiasmante benchè molto canonico nel proprio incedere.
Già "In Their Eyes" molla troppo la presa e ci consegna dei Dreaming 23 un po' troppo mosci rispetto all'episodio precedente, affondando subito nell'unico problema serio della band, ovvero quello di un songwriting qualitativamente un po' altalenante, che ci offre dei brani molto validi ad altri non brutti, ma privi di mordente; non fa parte di questa categoria la bella e lunga "Crimson" che invece colpisce subito per una profondità ed una struttura assai rara in questo genere.

Le voci, sia quella solista sia i cori, non sono male ma una maggior cura (e tempo, e soldi...quindi li capiamo) nella produzione avrebbe giovato ad un inserimento più profondo ed armonico nella musica (a volte sembrano appiccicati sopra), comunque nulla di grave, anche perchè in linea generica la registrazione è molto buona, mentre è da segnalare in chiusura una traccia cantata in italiano a nome "Senza Te" che non sfigura affatto, anzi.

Un maggiore equilibrio in futuro, e magari un minimo di pesantezza in più, non potranno che giovare ad una band che è partita subito col piede giusto.