Finalmente. Finalmente i Paradise Lost sono tornati con un album Dark Rock ricercato e di valore (non che i precedenti episodi elettronici fossero roba da buttar via, anzi, tutt'altro), ove le chitarre sono gli strumenti fondamentali e non di contorno. 'Symbol Of Life' è veramente un ottimo album, con diverse songs di pregevolissima fattura, oscuro, profondo e riflessivo. Finalmente la band che forse nella decade scorsa ha scritto i più bei capitoli del Gothic Metal è tornata su suoi passi per dimostrare, per prima a se stessa e poi al Mondo, che è ancora in grado di scrivere preziose pagine nella storia del Metal. L'album si apre con 'Isolate', una song ritmata ove, anche se l'elettronica è ancora la parte predominante, la chitarra irrobustisce tutta la dinamica della track. La song seguente, ovvero 'Erased' è la punta di diamante dell'intero platter, che testimonia come il combo inglese sia tornato a scrivere grandissima musica...una perfetta song ruvida, ma dannatamente affascinante, ove Holmes canta la strofa con un tono profondamente Dark, prima di sbocciare in un chorus ove la voce femminile, eccellente e drammatica, della signorina Joanna Steves (che comunque compare anche in 'Mystify' e 'Primal') – e gli incalzi di un certo guest di nome Lee Dorian - rendono la song un must, giocando con il desolante pianoforte, che trascina la song molto, molto lontano dalla staticità...al livello delle migliori produzioni del five piece, senza dubbio... 'Two Words' mette in luce un'eccellente ricerca nel mood delle lyrics, proponendo un'ospite di turno non da poco...Mr. Devin Townsend...'Pray Nightfall' è forse la song più riflessiva dell'intero album, premiando il lavoro sulla batteria di Morris, che rende la song circolare, mentre la successiva 'Primal' è una song molto intimista, anch'essa medio tempo, ma fortemente pesante e massiccia, ove il tappeto elettronico può ricordare i Fear Factory (non per niente l'album è prodotto da Chris Fulber, già produttore e membro aggiunto alle tastiere dei Fear Factory). 'Perfect Mask' riprende il discorso fatto per la splendida 'Erased', solcando la traccia nella roccia...song veramente incisiva e ricca di groove; 'Mystify' è una track molto emozionale, ove il ritornello, nella sua tristezza, riprende la sensazione di profonda religiosità (o meglio iconoclaticità) che il brano sembra trasudare, così come la seguente tragica e drammatica, quasi commemorativa, 'No Celebration' sembra approfondire lo stesso discorso. 'Self-Obsessed' riporta grinta e rocciosità all'album, andando a sviluppare una sonorità si Gothic, ma molto molto influenzata dall'English Pop, influenza ribadita dalla titletrack 'Symbol Of Life', song che cresce piano piano fino ad arrivare ad un ammiccante ritornello ed a un nebbioso post chorus. La conclusiva 'Channel For The Pain' chiude l'album in maniera aggressiva, in ascesa, ove dopo una strofa medio tempo, il bridge ed il chorus si sviluppano su un ritmo pestato, pregno della stessa grinta che animava la band di Holmes e Mackintosh ai tempi d’oro. Finalmente i Paradise Lost hanno ritrovato smalto ed ispirazione, ma soprattutto sembrano aver ritrovato loro stessi, non rinnegando la svolta elettronica di qualche anno fa, ma integrandola al meglio con quello che anni fa hanno aiutato a creare ed a sviluppare, ovvero il Gothic Metal.