Il voler dimostrare di essere un artista a “tutto tondo”, capace di non fossilizzarsi in un’unica modalità espressiva, è senz’altro un proposito nobile ed elevato, ma altrettanto rischioso, risolto talvolta alla prova dei fatti con le spoglie di una performance poco convincente se non addirittura, nei casi estremi,
snaturante.
Per fortuna
Michael Bormann, autorità vocale della Vecchia Europa con un passato glorioso nei Jaded Heart (e nei Bonfire) e svariate partecipazioni artistiche di livello all’attivo, nonostante le intenzioni esplicitate fin dal titolo del suo nuovo albo solista, non si allontana eccessivamente e
scriteriatamente dalla sua vera specialità, l’AOR vigoroso e l’hard melodico, aggiungendo, però, alla sua immagine consolidata di
screamer di classe anche alcune sfumature pop, piccole
trasgressioni espressive e situazioni prettamente acustiche, atte proprio ad esplorare le profondità della sua personalità artistica e soddisfare la sua brama di malleabilità creativa e di
distinzione.
Diciamo subito che il Bormann che personalmente preferisco è in realtà proprio quello tutto sommato più
conformista di pezzi come “Life is a miracle”, “Breathless” (granitica e familiare – tra Rain e Danger Danger - eppure provvista di una sua originalità!) e “Who really wants to get older” (il mio pezzo preferito del disco … un anthem di eccezionale eleganza), dove la sua laringe vibrante, virile e immaginifica si spiega in tutta l’esuberanza calibrata di cui è dotata, o eventualmente quello di brillanti situazioni maggiormente soffuse come “Think twice”, “No way out - It hurts” e “Wouldn't let you down”, seguite a breve distanza da “Don't you tell me” (un lentone spiccatamente Bon Jovi-
iano), in cui i toni si addolciscono con stile, assecondando ed enfatizzando strutture armoniche anch’esse poco sovversive ma non per questo meno efficaci e appaganti.
Quando si distacca (non troppo) dal suo
habitat maggiormente naturale e confacente, Michael non dispiace per niente, manifesta un piacevole retrogusto
poppettoso (“To the top”), una credibile attitudine di rocker romantico alla Brian Adams (“Somebody”) e addirittura una discreta vocazione alla
sperimentazione (il
proto-glam di “Mr. Rock'n'roll”, i bagliori
west-coast e
southern di “My favorite time”) e tuttavia sono quasi certo che saranno le canzoni citate nel primo segmento a mietere il maggior numero di vittime, soprattutto tra chi evoluisce quando ascolta del sano “vecchio” FM rock ampiamente fornito di sensibilità, sostanza ed attributi.
In ultimo segnaliamo “Was mir fehlt”, una ballata in cui il formidabile
deutsche sänger condensa tutte le sue emozioni esprimendole tramite la madrelingua, in questo caso resa tutt’altro che marziale e coriacea da un’interpretazione riflessiva e intimista.
“Different” è un bel modo per svelare anche il lato “diverso” di Michael Bormann, un grande vocalist, polistrumentista e compositore che non si accontenta più solo delle cose “facili” ed evidentemente sente l’esigenza di porre nuovi obiettivi moderatamente “sfidanti” alla sua impresa … tutto encomiabile e complessivamente assai godibile … a me francamente bastava anche solo la “routine” …
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?