Un disco che mi riporta indietro nel tempo, più precisamente intorno al finire degli anni '90, ed ancor più in dettaglio al disco dei
Custard intitolato "
Kingdoms of Your Life", un album di power/classic metal assai grezzo, pacchiano, a volte anche risibile in alcuni aspetti, ma che da più di 10 anni nonostante i suoi difetti continua a girare imperterrito nel mio stereo con poche e brevi pause, molto più di dischi e gruppi più blasonati ed osannati...dal grande pubblico ma anche da me stesso.
Lo stesso tipo di fascino perverso in qualcosa di incompleto, di difettoso, l'ho ritrovato in questo "
Damnation Reigns", opera terza dei tedeschi
The Claymore, gruppo che è in attività dal 2001 ed incide dal 2005 ma che fuori dalla propria patria ha ben poco seguito, dato che qui da noi non li conosce praticamente nessuno, anche perchè la loro etichetta, la
Black Bards, a quanto ne so non è distribuita e promossa in Italia.
Il power metal di questi ragazzoni della Westfalia non è un happy power metal sparato a mille con cori zuccherosi ed unti, anzi ha diverse caratterizzazioni più pesanti dello stereotipo medio del genere e qualche variazione sullo stile, ora più incentrato sulle (belle) armonizzazioni di chitarra che richiamano alla mente i
Savatage di "
Edge of Thorns" come nella bella e melodica "
Return to Zero", ora più serrato e roccioso come nella quasi thrashy "
Behind Enemy Lines" dove appare l'ugola di
Tim Ripper Owens in veste di ospite d'onore, ora invece pienamente incentrato sul becer metal di novantiana fattura, come nella sgraziata opener "
Ashes of the Wicked" che potrebbe sviare l'ascoltatore più distratto, magari convinto di trovarsi davanti un disco alla
Wyvern (quelli svedesi) o alla
Freternia.
Così non è e la successiva "
Oceans" lo conferma subito, presentando una struttura molto classic e lineare, ma gradevole nel risultato ed orecchiabile il giusto, come detto senza mai cadere nella sindrome nutellosa dei
Freedom Call; la segue a ruota la title track molto varia, con un mid-tempos più che coinvolgente ed assolutamente non scontato che denota peraltro buona cura dei chorus e delle linee vocali, ed anche "
Silent Scorn" conferma le stesse qualità sebbene si cambi nuovamente registro, con un brano molto più epico e drammatico nonchè tirato e tagliente come gli
Holy Mother di "
Toxic Rain", targato guarda caso 1998.
Intendiamoci, i
The Claymore non fanno urlare al miracolo, nè saranno mai un gruppo importante nella scena del power europeo; tuttavia "
Damnation Reigns" è come la ragazzetta del McDonalds che magari è secchetta e ha le gambe storte ma che per una volta vorreste portarvi a letto e massacrarla a stantuffate molto più della tipetta elegante e profumata che nella sua apparente perfezione non fa così "sangue".
A contribuire ulteriormente ad accrescere l'appetito sessuale verso questo disco segnaliamo la buona produzione, l'inserimento di un videoclip di "
Behind Enemy Lines" e la presenza di
Victor Smolski dei Rage in
(E)scapegoat, gli ottimi assoli della coppia formata da
Sebastian Busacker e Kai Schwittek lungo tutto il disco.
Non è ancora tutto!
Impossibile non citare la ballad "
As Twilight Falls", davvero molto buona, e chicca finale la cover dei
WASP con "
Chainsaw Charlie", assolutamente da non perdere e resa con grande personalità!
Non sarete mai dei protagonisti, non sarete mai delle star, ma per me avete vinto eccome. Bravi!