Sono due le locuzioni che in qualche modo condensano l’essenza dei
Way Out espressa in questo loro Ep autoprodotto: la prima si staglia sulla pagina web di riferimento del gruppo “
A tribute to legends of hard rock” e la seconda la estrapolo dal lussuoso flier di accompagnamento del disco, atta a descrivere il suo contenuto “[…]
It includes various genre compositions, ‘cause the guys have tested their skills as musicians and songwriters in different ways and inspirations […].
Con un’attività parallela nel campo delle
cover-band e un curriculum di tutto rispetto, infatti, la band nostrana
celebra la storia del rock duro e lo fa attraverso una tecnica indiscutibile e una cultura musicale ricca e variegata, manifestata attraverso i diciannove minuti del Cd in tutta la sua
eterogeneità, senza il timore delle pastoie di “genere”, oggi probabilmente meno vincolanti che in passato (ma ne siamo proprio sicuri?) e comunque sempre piuttosto presenti nelle
menti e nelle abitudini di ascolto dei
musicofili.
“Uprising” è un lavoro non facilissimo da inquadrare perché tenta di sfuggire alle categorie ricorrenti, alternando un dominante approccio
street metal, all’
hard n’ heavy “classico” e al
new-metal, ricorrendo sporadicamente pure a
flebili bagliori di
prog e di
psichedelia, e per questo presumo potrà produrre qualche minimo
smarrimento, se non addirittura suscitare taluna
controversia, almeno tra i più puristi fruitori del rock.
Anche se visto nell’ottica di uno
showcase della versatilità del gruppo, indirizzato alla conquista di un patrocinio discografico, in agguato c’è sempre il rischio di sembrare opportunisti, indecisi e poco coerenti, ma a me è piaciuta parecchio questa personalità
mutante, e mi sento quindi d’incoraggiare la formazione a ricercare quel temperamento e quell’accordo tra le varie componenti che oggi appaiono ancora vagamente precari.
Scendendo nel dettaglio del programma disponibile, gli estimatori del metallo stradaiolo più lacerato, urbano e oscuro troveranno conforto in “Jesus 2.0”, una sorta di Shotgun Messiah
meets AC/DC suonato con l’ardore degli Aerosmith e la forza degenerata degli WASP ed è probabile che non troveranno nulla da eccepire nemmeno ascoltando la successiva “Shakin' bones”, fondamentalmente un dichiarato tributo al mito Bon Scott, non lontano da come potrebbe concepirlo lo stesso Blackie Lawless.
Le cose si potrebbero complicare appena un po’ con “One day”, dove Megadeth, Sanctuary e Savatage divengono i modelli di riferimento, onorati con grande devozione e minimo apporto peculiare, e in cui tuttavia è sicuramente da lodare il gusto applicato nel ricreare la tipica atmosfera sinistra, catastrofica e titanica dei maestri, ottenuta con il fattivo contributo dei toni rapaci dell’ottimo Tomas “Tomrocker” Toffolo.
Un vocalist davvero camaleontico, Mr. Toffolo, dal momento che in “Liar” si “traveste” da Billy Idol e da Ian Astbury in un brano alimentato da una sensibilità non lontanissima da The Cult e The Throbs, mentre sorprende ancora di più quando, in “DGRZ”, diventa Jonathan Davies il più plausibile degli ispiratori vocali, con i Way Out che si avventurano nell’ostentazione di un’iridescente attitudine
crossover, pertinente quanto abbastanza
disorientante, anche per chi è irresistibilmente affascinato, come il sottoscritto, dalle soluzioni “fuori dagli schemi”.
Il coraggio c’è, la cultura e i mezzi tecnici anche, così come sono consistenti l’acume compositivo e l’energia … manca solamente una direzione precisa dove canalizzare il tutto, un pizzico di personalità nel rendere tangibilmente “propria” un’eredità musicale così vivida ed eventualmente uno sforzo supplementare per trasformare un lodevole orientamento “open minded” in un soggetto artistico veramente coordinato, organico e non convenzionale.