Sull’
home-page del loro sito campeggia la scritta “
We are Therapy? Helping the afflicted since 1990” e bisogna effettivamente riconoscere che, ai
sofferenti del
morbo alternative, la miscela di rumore e melodia somministrata dalla formazione irlandese ha sempre garantito enormi motivi di conforto.
Personalmente sono tra quelli che hanno usufruito copiosamente di tale
medicamento (da considerare realmente
portentoso soprattutto nella formulazione offerta dalla loro
primordiale discografia), e anche se gli anni della grande esposizione e del successo su vasta scala sono probabilmente irripetibili, il terzetto di Belfast continua a rappresentare, come ha testimoniato l’ultimo studio-album “Crooked timber, ” un ottimo esempio di come si possa concedere qualcosa alle ambizioni
commerciali pur restando fedeli al proprio
dogma di produrre una musica oltranzista e variegata, in grado di essere peculiare (fra i tratti distintivi, ad esempio, possono essere annoverate le irruenti sincopi ritmiche
tribal-sintetiche), sfuggire alla convenzione e apparire al contempo accessibile.
Questo monumentale doppio Cd dal vivo, risultato di tre vibranti esibizioni al The Water Rats Theatre di Londra, nell’ambito della celebrazione del ventesimo anniversario della band, contrassegnato da una scaletta piuttosto equilibrata tra classici del passato e brani recenti, è quanto di meglio si possa desiderare sia se si è un fan storico dei Therapy? e sia se si è un neofito della “materia”, incuriosito da questa creatura così affascinante capace di condensare in un’unica entità Metallica, Helmet, Nirvana, Husker Du, Big Black e lucide intuizioni proprie (esegesi delle celebri
epifanie di James Joyce, magari mentre, ehm, “
is fucking my sister”, ricordando il famoso refrain di “Potato junkies”, qui scandito a pieni polmoni dalla platea?).
Un live, il primo ufficiale nella carriera dei nostri, che si manifesta esattamente come ritengo dovrebbe essere questo tipo di prodotto: coinvolgente, schietto, “vero”, caratterizzato da una registrazione adeguatamente nitida e potente, ma non troppo “patinata” e ritoccata, in cui anche le reazioni degli spettatori diventano, in qualche modo, parte “integrante” dello show, e contribuiscono a farti immaginare di essere lì con loro, a scuotersi, a cantare, a “sudare” tutti insieme, per quella sorta di
rito pagano collettivo cui difficilmente si riesce a rinunciare anche quando l’età anagrafica consiglierebbe probabilmente atteggiamenti più sobri, flemmatici e “maturi”.
Dopo la massiccia e intensiva inoculazione di questa singolare sostanza simultaneamente
infettiva e
curativa mi sento veramente bene … una bella forma di
palliativo, dunque, che merita ancora una volta di diventare un patrimonio comune tra i
patiti alternativi all’ascolto.
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