Rivoluzionata solo in fatto di line-up, la
premiata (il disco di debutto è stato ben accolto e la band è stata gratificata da un tour europeo di trenta date con gli americani L.A. Guns e dal “supporto” a Blaze Bailey in Italia e in Spagna)
ditta Nasty Tendency, al suo secondo full-length per la My Graveyard Productions, conferma tutta la sua passione per i tipici suoni che hanno reso l’hard ‘n’ heavy
ottantiano uno dei generi musicali più apprezzati ed imitati anche nel nostro
ipertecnologico 2011.
Quella dei nostri è dunque una situazione artistica decisamente
old fashioned e tradizionale, definizioni praticamente obbligatorie quando sono Lizzy Borden, WASP, Iron Maiden, (early) Motley Crue, Judas Priest, Riot e Grim Reaper i nomi da citare nel tentativo di fornire al lettore riferimenti utili ad un orientamento sonoro, ma bisogna anche dire che non sono molte le formazioni a saper trasfondere con così tanta veemenza e competenza quella carica primordiale priva di eccessivi fronzoli che da sempre caratterizza i migliori interpreti del settore.
Songs molto ben disegnate, costruite quasi tutte su riff turbinosi e anthem vincenti, rappresentano il “segreto” dei cinque di Forlì, oggi capitanati dall’ugola stentorea di Mark Bonavita (che qualcuno ricorderà negli ottimi Circus Nebula), che con i suoi registri vocali a metà strada tra Grimmet, Dickinson e Vescera, caratterizza prepotentemente i brani del disco, scacciando repentinamente la piccola delusione provata da chi aveva gradito la soluzione di una
female-fronted band esibita nell’esordio “Wild and nasty”.
Quarantun minuti di cori e ritmiche incalzanti, chitarre granitiche e vigorose melodie (i nostri si concedono, con notevole profitto, anche una
tagliente ballad dall’eloquente titolo “Switchblade serenade”) che vi faranno venire voglia di cantare (sono tre giorni che non riesco a togliermi dalla testa la trascinante linea armonica di “Gimme the nite” e l’irruenza “familiare” eppure così dirompente di “Play it loud” e “Dead on arrival” …), di alzare il pugno al cielo, di scuotere il testone, ovunque decidiate di fruire di queste concitate note (attenzione, il rischio è di abbandonarsi a tali pratiche anche in circostanze leggermente “imbarazzanti” … mezzi pubblici, autovettura, ecc.), nell’attesa di poterlo liberamente fare in un’opportuna e attesa circostanza live.
Chi ama questi suoni e sa cogliere lo
straordinario potere di coinvolgimento di una celebrazione ricca d’istinto e buongusto anche nell’
ordinario di un’ambientazione rigorosa in tutti i suoi dettagli espressivi (compresi iconografia, titoli e contenuti dei pezzi, …), potrà senz’altro godere senza riserve di questo “Hello suckers!”, un lavoro che farà sentire un po’ più
giovani i
veterani del genere e magari indurrà i
pivellini a (ri)scoprire quel mondo “antico” di cui i Nasty Tendency sono senza dubbio credibili epigoni.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?