Sono passati 37 anni da quando un disco sontuoso come Burn ha proiettato
David Coverdale nel gotha dell’hard rock mondiale. Da quel momento, lo zio Dave non ha mai smesso di regalarci album di livello eccelso. Come è giusto che sia, qualche disco ha avuto maggiore successo di altri, ma mai è capitato, almeno a me, di bollare come trascurabile uno qualsiasi dei suoi lavori. Ebbene, questo
Forevermore di certo non fa eccezione!
L’ennesimo capitolo della saga
Whitesnake segna un parziale ritorno alle sonorità più bluesy ed è caratterizzato da un groove eccezionale, che lo allontana per attitudine dall’ottimo predecessore
Good To Be Bad, molto più hard rock. Questa è la caratteristica principale dell’album e sicuramente rappresenta la spinta in più che farà esultare tutti i fan di vecchia data della band. Pochi, a dire il vero, anche gli orpelli inutili, in un disco viscerale e sincero, reso incredibilmente moderno da una produzione curata e possente. Come è giusto fare per tutti i dischi degni di attenzione, comunque, vediamo nel dettaglio cosa c’è dentro questo
Forevermore.
Steal Your Heart AwayPartenza saltellante, con un goloso riffone dalle sfumature funky, che avvicina il sound al groove tanto caro, giusto per fare un esempio, a Glenn Hughes. Ottimo pezzo, ideale come opener. Dopo un paio di ascolti si fissa in testa e non ne esce più.
All Out Of LuckSimile per attitudine alla song precedente, risulta però molto più hard rock e presenta un ritornello melodico ed estremamente piacevole. Ideale per le performance live.
Love Will Set You FreePrimo singolo estratto dal nuovo album, che già ha incontrato il favore e gli applausi di tutti gli ammiratori della band. Se qualcuno ancora non si fosse accorto, gli accordi della strofa sono identici a quelli di Ready And Willing. Ma non è importante. Ciò che importa è che siamo di fronte a un altro pezzone, con uno splendido lavoro alla sei corde.
Easier Said Than DoneLentone da limonata pesante, davvero bello. Diretto, coinvolgente e caratterizzato da una melodia estremamente catchy. Si può chiedere di più a una ballad? Non credo proprio.
Tell Me HowPezzone roccioso e ritmato, con un ritornello molto moderno e soluzioni corali davvero interessanti. Giunti al quinto pezzo, è quasi commovente sentire che la tensione non cala mai.
I Need You (Shine A Light)Intro con accordi blues, seguiti da un’entrata di batteria molto seventies. Insomma, un pezzo dei Whitesnake fatto e finito, che si sviluppa poi in una delle migliori song dell’intero disco, diretta e coinvolgente.
One Of These DaysBallad acustica, con accordi aperti in stile country/folk. Assolutamente lontana da quello a cui Dave ci ha abituato. Sinceramente, anche dopo diversi ascolti non mi convince. Un po’ come accaduto per la song simile dell’ultimo Mr. Big. Probabilmente, si tratta puramente del mio gusto personale, perché sono sicuro che piacerà a molti.
Love And Treat Me RightCon qualche “baby” in più che finalmente fa capolino, si ritorna verso un terreno più caro alla band, in un pezzo che segna la linea di confine tra l’ottima prima parte del disco e la straordinaria seconda parte.
Dogs In The StreetsRiff veloce per un pezzo anni ’80 che potrebbe essere tranquillamente uscito su 1987 senza creare alcuno scalpore. Tira di brutto dall’inizio alla fine: già mi immagino come potrebbe risultare devastante in sede live.
Fare Thee WellNuova ballad acustica, che questa volta rimane sui binari consueti. Devo dire che, pur non essendo indispensabile, rimane comunque un altro ottimo pezzo, ideale per spezzare il ritmo prima delle bombe finali.
Whipping Boy BluesRiff articolato e variegato per una song molto zeppeliniana, in cui voce e chitarre si rincorrono piacevolmente. Altro episodio destinato ad entrare nel cuore di molti.
My Evil WaysRock and roll! Mamma mia. Intro di batteria e via a 200 all’ora con una canzone veloce, prepotente e trascinante. Pezzi così riesce a scriverli solo chi è stato benedetto dal dio del rock.
ForevermoreCome al solito mi piace esagerare, ma questa potrebbe seriamente essere la Stairway To Heaven del nuovo secolo. Oltre 7 minuti di magia, in cui una lunga introduzione acustica, carica di pathos e melodia, lascia spazio prima ad atmosfere orientaleggianti alla Kashmir (terza citazione Led Zeppelin, oggi mi vengono così), che sorreggono prima un clamoroso assolo di chitarra, poi un hard rock puro e sincero. Particolarmente emozionanti (non scherzo, sono da pelle d’oca) le soluzioni corali del refrain, che riempiono il finale in un crescendo melodico incredibile. Un vero capolavoro, che basterebbe da solo per promuovere a pieni voti tutto l’album.
Le canzoni funzionano alla grande. Coverdale mostra una forma clamorosa sia nella performance che nel songwriting e la band è, come ampiamente prevedibile, una perfetta macchina da guerra. Un disco da avere e macinare nello stereo, senza se e senza ma. Cari miei, siamo nel 2011: se non capite il valore di un disco così dopo 40 anni suonati di carriera, mi spiace davvero per voi. Adesso scusate, ma devo smettere di scrivere, perché ho voglia di ascoltarmelo ancora. E poi ancora. E poi ancora.
Forevermore, baby.