Quando gli
Whitesnake videro entrare nelle loro fila prima
Jon Lord in
“Lovehunter”, e poi
Ian Paice nel successivo
“Ready An’ Willing” del 1980, il vociare da parte dei detrattori di una copia di serie B dei Deep Purple si fece sempre più insistente.
David Coverdale però, si è sempre dimostrato come una persona che con i vari pettegolezzi e ciance non gliene importasse molto. La risposta a queste chiacchere vide luce nell’Aprile del 1981 con la pubblicazione di
“Come An’ Get It”, quarto album della band inglese che si mette in evidenza come la naturale continuazione del sound che il gruppo aveva intrapreso sin dalla sua nascita.
Se infatti con il già citato
“Lovehunter”,
Coverdale riuscì a smussare quei piccoli difetti presenti nel debut album, i dischi che seguirono ebbero sin da subito un sound riconoscibilissimo da parte dei
Whitesnake, i quali non produssero uscite da copia incolla, ma mostrarono un talento da far invidia in ogni singolo pezzo composto.
Fatta eccezione per il richiamo sessuale neanche troppo esplicito nella copertina, in
“Come An’ Get It”,
Coverdale e soci non accennarono a diminuire la loro vena compositiva, mescolando saggiamente pezzi dal sapore più blues come le divertenti
“Hot Stuff” e
“Wine, Women And Song”, dove in passaggi apparentemente semplici un fantastico
Ian Paice si dimostra perfettamente a suo agio, ad altri dove la vena più intimista del frontman inglese si erge prepotentemente, come nell’incedere di
"Till The Day I Die”, o nella ranbowiana
“Child Of Babylon”, nella quale
Jon Lord riesce a comporre delle linee di tastiere da brividi, e che donano un pathos unico.
Lord che si rende ancora protagonista nella canzone probabilmente più conosciuta del disco,
“Don’t Break My Heart Again”, un classico che potrebbe fungere oggi come oggi, da vero e proprio portafortuna per ogni band, se si riuscisse a scrivere un pezzo simile in un album qualsiasi. La chitarra di
Mick Moody si intreccia alla perfezione con i suoni di
Jon Lord, e dove la performance vocale di
Coverdale è la ciliegina sulla torta.
Scrivevo di riferimenti ai Deep Purple all’inizio espressi dalla critica, ed effettivamente ascoltando le svariate
“Girl” o
“Hit An’ Run” basterebbe immaginarsi la voce di Ian Gillan e si potrebbe avere un risultato molto simile, ma quando la qualità musicale presente è presente in livelli così alti, è meglio farsi meno domande possibili e prestare il cervello unicamente all’ascolto.
“Come An’ Get It” è la rappresentazione di un picco musicale che non accennava ancora a scendere in casa
Whitesnake, e che avrebbe regalato ulteriori prove di ispirazione negli anni immediatamente successivi.
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