Formatisi già undici anni fa ed autori del debutto "
Oblivium" nel 2007, ecco tornare gli elvetici
Soulline col secondo lavoro intitolato "
The Struggle, the Self and Inanity", pubblicato dalla
Quam Libet Records.
Il genere proposto dal sestetto svizzero è formato da un death metal di fondo, notevolmente stemperato dai numerosi interventi di clean vocals e dall'ampio utilizzo di melodie dal tono decadente e romantico; il mood di questo album è decisamente scuro, pessimista e questo è decisamente un bene poichè conferisce ai brani quell'aura di negatività e di tristezza che adorna in maniera speciale canzoni già valide in partenza.
Già l'iniziale "
Greed, Sweet Need" denota una grande cura negli arrangiamenti e nell'attenzione ai cori, supportati da grandi aperture melodiche, mai pacchiane e banali come spesso accade in generi come il metalcore, come detto tendenti ad atmosfere rarefatte e rassegnate, segnalandosi come uno dei brani più interessanti del disco, alla pari
delle seguenti "
Still Mind", "
The Calling Spirit of Purification" e "
A New Identity", che formano un poker veramente azzeccato, sebbene si prosegua su questi livelli con ottime composizioni, come la tastieristica "
The Needs of Mankind", davvero apocalittica e sentita, e "The House of Enlightenment", in cui sinistri rimandi agli
Atrocity di "
Todessehnsucht" fanno apparire un timido sorriso sulle nostre bocche e la conclusiva "
Hypnotized", probabilmente la migliore del lotto grazie alle asfittiche sensazioni comunicate.
Tutti i brani hanno il pregio di essere freschi e briosi, di durata mai eccessiva (raramente si sforano i 5 minuti) e quasi sempre su ritmi sostenuti, spezzati intelligentemente da break melodici rallentati; la produzione pur non facendo gridare al miracolo è ben realizzata, così come il booklet, molto semplice ma chiaro e completo.
Tra echi di Mercenary, Opeth, The Fall of Every Season, decisamente una band molto valida e foriera di un album sorprendente e più che all'altezza.
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