Negli anni ottanta, orfani degli originali
Zeppelin (per chi scrive la miglior rock band di sempre) ci fu una vera e propria mania negli States: far rivivere il dirigibile. Basti pensare che una radio fm programmava soltanto brani degli Zeppelin e il primo giorno di programmazione trasmise 24h su 24h "
Stairway To Heaven"; i
Kingdom Come dell'esordio a mio parere rimangono i più validi seguaci.
Dopo aver sciolto gli
Stone Fury,
Lenny Wolf, nato ad Amburgo ma emigrato a Los Angeles, si mette in cerca di musicisti che possano suonare hard rock con influenze blues, e proprio grazie ai trascorsi con gli Stone Fury ed ad un demo scritto e registrato da solo, riesce ad interessare la
Polydor. Lenny sottrae ai
World War III il bassista
Johnny B. Frank e il chitarrista solista
Danny Stag. Dai
Northrup preleva invece il batterista
James Kottak di San Francisco, che aveva collaborato con
Ronnie Montrose per le registrazioni del suo "
Mean". Prima ancora dell'uscita del disco, i Kingdom Come hanno già spopolato con il brano "G
et It On", pubblicato su una raccolta della Polydor uscita solo in cassetta. Alcune radio cominciano a trasmettere il brano e l'album finisce per vendere 600.000 copie con la sola prenotazione. Album che viene prodotto da
Bob Rock, che all'epoca era impegnato anche con
Loverboy e
Bon Jovi; non è un caso che Kingdom Come al di là delle influenze zeppeliniane, sia comunque anche un prodotto classy con una produzione nettamente anni 80, calda, ovattata, dinamica e molto melodica.
La drammaticità, la suadente carica sexy si stagliano per tutto l'album, con interpretazioni di Lenny da brivido caldo. Molti affermano che l'album è come avrebbe dovuto suonare un ipotetico nuovo album degli Zeppelin, ma su questo punto personalmente non sono d'accordo. Trovo infatti difficile che la band di
Page dopo le sperimentazioni di "
In Through The Outdoor", con sintetizzatori che lambivano anche il songwriting dei
Talking Heads, sarebbero tornati alle classiche sonorità di "
IV" a cui "Kingdom Come" si ispira.
Ecco, "
Kingdom Come" suona come i Led Zeppelin più classici, quelli appunto dal "II" al "IV", con una "
What Love Can Be" pronta a riecheggiare il classico "
Since I've Been Loving You", rivestendola di una melodia non meno contagiosa. La stessa "
Get It On" rifà un po' il verso a "
Black Dog". Dal "III" invece le atmosfere sognanti e folk di "
Loving You". Eppure, come si diceva, tutta l'album funziona a meraviglia, qui si respira classicità ad ogni poro, il tessuto e l'orditura delle canzoni è nettamente superiore a qualsiasi band Led clones,ma il suono è nuovo ed eccitante, non c'è spazio per tentazioni low che affliggeranno tante produzioni retro rock degli anni 90.
Inutile dire che buona parte della stampa si scagliò contro i Kingdom Come, ma non quella di settore hard & heavy che ha sempre sostenuto a spada tratta la band di Lenny, forse il vero bersaglio perché quello più vicino di tutti a
Plant. Comunque sia, a tanti anni di distanza, "Kingdom Come" ha vinto la sua partita ed oggi è considerato un classico, con buona pace dei detrattori, un disco in cui lo spirito degli Zeppelin convive con la magnificenza dell'hard rock melodico eighties, con un motore ritmico possente come
Bonzo avrebbe voluto.
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