“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
Con questa immortale perla di saggezza si apre la recensione di “
Melotronical”, terzo album in 4 anni della coppia Hugo Flores – Jessica Letho, uniti sotto il monicker “
Factory of Dreams”.
Dopo la
ciofeca sorbitami due anni fa, mi aspettavo il peggio da questo nuovo capitolo, ed invece stavolta qualcosa che si salva c’è. Ferme restando le carenze compositive (sicuramente non tecniche) di Flores, stavolta il dischetto è più bilanciato, la drum machine programmata meglio ed il tutto sembra avere una maggior coerenza a livello stilistico.
Metal prog à la Ayreon, quindi, in cui però sono aumentate le parti “cattive”, appesantite qua e là dall’uso della voce maschile (quella di Flores, ovviamente!) accanto alla bella ugola di Jessica. Alla base di tutto, un concept sulla storia di una molecola elettronica (
che vuol dire?) che diventa un’entità vivente, fino alla inevitabile fine e rinascita, qui rappresentata dalla “riprogrammazione” dell’ultima traccia. Un concept che si snoda su ben 13 capitoli, tutti della durata media di 3-4 minuti (eccezion fatta per “
Protonic Stream”, che raggiunge quota 8:05), quindi niente intro o interludi, ma 13 brani veri e propri, che ci conducono attraverso la vita e la morte, viste dagli “occhi” di una molecola…
Che poi, a dirla tutta, il problema non sarebbe neanche tanto la storia; sappiamo tutti che nel mondo del rock c’è stata gente che è stata in grado di parlare di tutto, dai clisteri alla lobotomia. Qui la nota dolente, ancora una volta è il sound della “band” (virgolette d’obbligo, per un progetto a due), che strizza l’occhio al gothic metal in più d’un momento, cercando di accattivarsi le simpatie di un pubblico quanto più vasto e variegato possibile, ma peccando di fretta, a mio avviso; fretta che non gli consente di dare un tocco solido alle composizioni, che si ritrovano dunque a fluttuare in un
mare magnum di suoni, riff da mezzo secondo l’uno, ritornelli slegati e poco ricordabili. Di certo il passo avanti rispetto a “
A Strange Utopia” è stato fatto; ma, un passo alla volta, per arrivare ad un disco decente ci vorrà una ventina d’anni…
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