“Travelling through time” è una sontuosa retrospettiva (rimasterizzata!) dell’opera forse un po’ sottovalutata degli
Heartland, eccellenti interpreti della migliore scuola di British Adult Oriented Rock, con alle spalle ormai una carriera importante e di notevole valore, a dispetto di qualche “distratto” ammiratore del genere che non sempre riserva il giusto interesse per le loro fatiche discografiche.
Un esordio su major (licenziato dall’A&M Records, qui purtroppo non rappresentato) accolto con entusiasmo dalla “comunità melodica”, tante belle speranze e le capacità evidenti di artisti che non si affacciavano alla ribalta del business musicale come sprovveduti (Ousey aveva già maturato un discreto curriculum come musicista, produttore e discografico) non furono comunque sufficienti ad affrontare adeguatamente la volubilità e la superficialità di un mercato probabilmente più “grande” di loro.
Accasarsi con l’Escape Music, etichetta davvero appassionata, competente, attenta al talento e alla cura dei suoi protetti, si rivelò un’ottima scelta per il gruppo inglese (che nel frattempo aveva subito alcuni avvicendamenti, con l’ingresso del fondamentale Steve Morris), dando vita ad un sodalizio durevole e pure abbastanza fortunato, che a questo punto, evidentemente, sentiva il bisogno di una sorta di bilancio “d’esercizio”.
Ventisei canzoni, tra cui una completamente nuova (la vivace “Search goes on”, scritta da Morris con l’ausilio di Steve Overland, impegnato anche nelle backing vocals … praticamente un pezzo degli straordinari Shadowman) e altri sei inediti (o
quasi … la pregevole cover dei Foreigner , “Long, long way from home”, in realtà, dovrebbe essere la stessa già utilizzata nella “oscura” raccolta “Escape millenium collection 2” e nella versione giapponese dell’albo “Tribute to Foreigner”, così come la palpitante rilettura della strepitosa ballata dei Boston “A man I'll never be” è verosimilmente la medesima che aveva rappresentato nel 2002 la bonus-track nell’edizione nipponica dell’analogo “Tribute to Boston” e “I believe” ricopriva la stessa funzione in “Communication down”) costituiscono gli elementi esemplificativi di un resoconto sicuramente proficuo, abbastanza minuzioso ed esaustivo dello stile degli Heartland, capace di coniugare la tradizionale grinta dell’hard con un sound magniloquente, levigato e sofisticato, in un coacervo di rock, soul, blues e AOR, consegnandoli al pubblico degli appassionati come degni eredi di Deep Purple, Bad Company, Foreigner e Whitesnake, fomentati dalla classe cristallina di un chitarrista ispirato e sensibile e di un vocalist che rifulge di luce propria pur nella ricca dotazione di strepitosi modelli timbrici (Rodgers, Gramm, Bolton, Coverdale, Waite …).
Il consumato collezionista, che nei brani
nuovi (tutto materiale di prim’ordine, per la cronaca) troverà ampi motivi di soddisfazione e considerevoli conferme, o chi desideri accostarsi al gruppo per la prima volta, rimediando, così, ad una rilevante “lacuna” nella sua formazione musicale, possono affidarsi tranquillamente a questo “Travelling through time”, nella speranza che sia utile anche a rilanciare le quotazioni future di un’ottima band che merita senz’altro un
posticino d’onore accanto ai vari FM, Magnum, Strangeways e Dare.
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