I perugini
Exawatt tornano, a distanza di ben 5 anni, con il nuovo “A
mong Different Sights”. Diciamo sin da subito che le coordinate sonore non sono cambiate più di tanto: siamo ancora al cospetto di un prog metal molto imparentato con i Dream Theater, seppur più incentrato sulla parte cantata che sul mero sfoggio di tecnica strumentale. E, ad avvalorare la nostra tesi, gli Exawatt inseriscono in line-up la brava
Cecilia Menghi, da me già recensita altrove, per completare il quadro sonoro. Con due front vocalists, quindi, la band diventa una formazione a sei, in grado a questo punto di fornire le più disparate sfumature sonore alle proprie composizioni.
Dieci brani di buon prog metal, anche se qui le canzoni che facciano gridare al miracolo non sono poi tante; ma come ogni album prog che si rispetti, è l’ascolto ripetuto, attento, senza preconcetti, che ti permette di fruire del bel lavoro fatto dalla band, soprattutto per quanto riguarda gli arrangiamenti, che sono complessi ma che, come dovrebbe sempre essere, non saltano subito all’orecchio, chiedendo più di un ascolto per essere gustati appieno. Giusto per amore di citazione e di conferma, ascoltate l’elettronica “
Exa What?!” che gioca col nome della band, addolcitevi con “
Awake in the Cosmic Dream” per poi tornare nel pieno prog-metal con la bella “
Patience”, e chiudere in bellezza con “
Stand before I crawl”, che a nostro avviso ha il ritornello più azzeccato di tutto l’album, merito anche (soprattutto?) del duo Menghi-Benni, in cui i due singers sanno ben dividersi le parti canore, lasciando il giusto spazio espressivo a ciascuno.
Non nascondo un certo disappunto per alcune soluzioni un filo scontate, ma di contro c’è una buonissima produzione a garantire a questo “Among different Sights” una discreta longevità, ed una piacevolezza all’ascolto che di per sé è un punto di merito. Mi è molto piaciuta “
Tomorrow”, in cui i suoni elettronici di sottofondo fanno davvero la differenza; molto più vicina al prog rock “
Garden of the Dark Lord”, come peraltro molti altri momenti di un album che
non è potenza e basta, tutt’altro: qui la musica si lascia plasmare, senza voler a tutti i costi mostrare i muscoli, ma preferendo colpire l’ascoltatore per la sua intelligente malleabilità, più che per i suoi decibel.
In coda all’album, i nostri hanno posto una interessante e quanto mai strana interpretazione di un classico dei
Supertramp, ossia “
Breakfast in America”; vi basterebbe ascoltare questo pezzo per capire da dove vengono gli Exawatt, cosa abbiano ascoltato in gioventù, e dove li stia portando la loro musica. Per chi scrive, dunque gli Exawatt sono ben promossi. Sperando di non dover aspettare altri cinque anni per il prossimo disco!
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