Gli
Uriah Heep fanno parte della cerchia di formazioni che hanno dato vita al genere hard rock, durante gli anni ’70. Li troviamo quasi sempre citati insieme a superbig del calibro di Deep Purple, Led Zeppelin, Black Sabbath, ecc, anche se non tutta la critica e gli appassionati li considerano allo stesso livello, più che altro per la loro accentuata impronta melodica. Comunque sia, stiamo parlando di una band che ha superato i quaranta anni di onorata carriera, cosa che indubbiamente colloca Box e soci nell’olimpo del rock duro.
Quindi è con interesse e curiosità che mi sono accostato al presente doppio cd live, il quale vanta una buona scaletta con qualche brano più recente insieme a diversi hits del passato, ad esempio “Return to fantasy”, “The Wizard”, “Sunrise”, “Gypsy”, ed altri ancora. L’album è stato registrato durante il tour dello scorso anno, precisamente nella data del 4 maggio a Budapest, capitale ungherese. Il lavoro si inserisce in una collana di bootleg ufficiali, cioè autorizzati dal gruppo stesso, che si prefigge lo scopo di far vivere agli ascoltatori la reale atmosfera dei concerti degli Uriah Heep, senza alcun ritocco o eventuali sovraincisioni. Lodevole iniziativa, di cui il presente titolo è il secondo capitolo, destinata nelle intenzioni a proseguire in futuro con altri dischi dal vivo.
Fin qui, tutto bene.
Il problema si materializza nella registrazione veramente da bootleg vecchia maniera. Suoni impastati, volumi squilibrati, un risultato molto inferiore agli standard attuali.
Chi è ultra-veterano dell’ambiente come il sottoscritto, vedi dei colleghi-matusalemme come Ermo o Aimax, ricorderà, forse con un pizzico di nostalgia, che negli anni ’80 circolavano una marea di bootleg in vinile sovente quasi inascoltabili, oltre che carissimi e difficili da trovare. Eppure, c’erano individui che facevano carte false per procurarseli, godendo come ricci quando riuscivano a metterci le mani sopra.
Probabilmente, fossero riproposti ad un ventenne di oggi te li tirerebbe dietro, indignato da una qualità sonora così infima.
Questo mi porta a non consigliare il presente doppio album se non a completisti estremi dagli Uriah Heep, oltretutto di vecchia data. Tutti gli altri, passino tranquillamente oltre.
Però, non posso negare che ascoltando pezzi come “July morning” o “Lady in black”, qualche brivido lo abbia provato ugualmente…
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