Se ci si dovesse basare esclusivamente sul monicker per inquadrare una band, si potrebbe pensare che gli irlandesi
Altar of Plagues siano l’ennesima band death metal che ha scelto l’angelo morboso quale nume tutelare.
Niente di più sbagliato, il terzetto di Cork suona quella che è la nuova “frontiera” del black odierno che tanta presa ha sull’audience d’oltreoceano, ovvero un interessantissimo mix di black metal, ambient, post rock e sludge sviluppato in lunghe ed articolate suite.
Fortunatamente gli Altar of Plagues si differenziano fra le band che si cimentano in questo genere in quanto riescono a combinare i diversi elementi che compongono il loro sound con accurata precisione, amalgamandone con cura gli “ingredienti” senza generare strappi violenti o secchi.
La bravura della band è tale che riesce a trasmettere all’ascoltatore un cupo senso di disperazione, una solitudine nera come la pece, rimanendo nel contempo lineare, senza mai eccedere in virtuosismi.
I brani, ad eccezione di “When the sun drowns in the ocean”, senza dubbio la traccia più spiccatamente ambient del cd, superano abbondantemente i dieci minuti di durata (l’opener “Neptune is dead” sfiora quasi i venti), la tensione emotiva non viene però mai a mancare, forte di un songwriting ricco ed intenso.
Gli Irlandesi dimostrano con “Mammal” che le l’attenzione ricevuta in seguito alla pubblicazione del precedente lavoro, “White tomb” del 2009, non è stata un caso, inoltre credo che le premesse di un ulteriore sviluppo verso strade ancora più personali nella creazione di strutture ancora più intense e drammatiche, ci siano tutte.
Staremo a vedere, nel frattempo lasciate che la disperazione entri in voi attraverso le note di “Mammal”.
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