Prendete i
Mercyful Fate. Fatto? Bene. Ora catapultateli in Svezia. Fatto? Bene. A questo punto proiettateli in avanti di 30 anni, toglietegli
King Diamond e otterrete gli
In Solitude! A parte la possessione da Art Attack, quella di cui sto per parlare è una band notevolissima, che parte da solide basi del passato mettendoci del proprio, aggiungendo al calderone la modernità e presentando tra le altre cose un gran coraggio, quello di suonare del buon vecchio Heavy Metal, senza troppi fronzoli.
E dire che la prima impressione non era stata granché, perlomeno per quanto riguarda le mie “corde”. Da una rapida occhiata a sito ufficiale e pagina Facebook, mi aspettavo una band dalle musicalità oscure, occulte, magari una di quelle band black/death tanto care ai paesi del Nord. Poi una foto e tutto cambia: a parte il facepaint di
Pelle, ereditato dagli
Immortal, gli elementi preponderanti erano giubbotti di pelle e borchie, e lo spettro degli anni ’80 ha iniziato ad aleggiare sul disco, che nel frattempo era finito nel mio lettore e aveva iniziato a suonare..e la title track, scelta tra l’altro come opener, non fa che confermare l’impressione data dalla foto, suonando terribilmente ottantiana, anche se forse un po’ troppo “semplice” nel suo incedere. Ma verso la fine, ecco l’elemento che cambia totalmente il giudizio della canzone e del disco, ovvero i riff di chitarra di
Henrik Palm e
Niklas Lindström, il vero punto forte, anzi fortissimo della band svedese. Riff in quantità, mai noiosi o ripetitivi, che riescono ad elevare ognuna delle 8 canzoni presenti sul disco, anche quelle un po’ meno riuscite, vedi la title track o la scontata
“To Her Darkness”, un pezzo davvero prevedibile e tranquillamente evitabile, data anche la durata comunque sostanziosa dell’album.
Citazione assolutamente necessaria per la centrale
“Demons”, a giudizio di chi scrive il pezzo migliore del lotto e una delle canzoni più riuscite in ambito puramente Heavy Metal degli ultimi anni, ascoltare per credere. Mid-tempo in stile quasi maideniano, soprattutto nel bridge, in cui la voce di
Pelle arriva forse al punto più basso del suo range, che raggiunge il suo climax attorno al quarto minuto, quando esplode un solo di chitarra trascinante e magnetico..fino alla parte finale, con addirittura qualche growl ad accompagnare
Pelle verso i suoi demoni,
“..to Demons”.
Maestosa anche la conclusiva
“On Burning Paths”, 13 minuti che scorrono veloci, senza un punto morto e che pretendono un ascolto meticoloso, per assaporarne ogni istante. Anche qui, ancora una volta, una grande prestazione corale di una band di assoluto valore, fino al gong, che segna la fine di questi 58 minuti di puro piacere.
Album altamente consigliato a tutti gli amanti della buona musica, a tutti i nostalgici degli anni ’80 e a tutti coloro che li vogliono scoprire o riscoprire. Perché non è detto che seguendo pedissequamente le orme dei “padri” non si possa fare un ottimo lavoro anche nel terzo millennio, e gli
Airbourne ce l’hanno insegnato. Quindi ascoltatevi questi
In Solitude tutto d’un fiato e chissà che tra qualche anno non possiate dire “Quando sono nati, io c’ero”.
Quoth the Raven, Nevermore..