Italians do it better.Beh... i
Krampus non sbaraglieranno tutta (l'agguerrita) concorrenza nordica, ma affrontano più che discretamente sonorità Folk Metal, confermando la buona predisposizione per i nostri connazionali (vedi ad esempio i Furor Gallico o i Folkstone) nei confronti del genere.
"Shadows of our Time" è il primo EP per questa nutrita formazione friulana che deve il proprio nome ad una figura demoniaca, metà uomo metà caprone, propria della tradizione del Tirolo e dell'Alto Adige, per una proposta che sebbene debba molto agli In Extremo si scopre sbilanciata verso il Death Metal, con esiti non distanti da quelli degli svizzeri Eluveitie.
"Echoes from the Ancients" è un'introduzione che richiama atmosfere alla "Braveheart" (il film), mentre nella successiva titletrack riecheggiano i già citati In Extremo (quelli di "Weckt Die Toten!"), per proseguire con "Tears of Stone" che, a parte la accentuata presenza del violino, richiama maggiormente gli In Flames e comunque lo Swedish Death Metal.
Ancora sonorità folkeggianti su "The Rocks of Verden", anche se accompagnate dal cantato gutturale e da un prova muscolare da parte dei Krampus, pronti poi a replicare con ancora maggior cattiveria su "Witches' Lullaby", che, per quanto si apra sulle note di un carillon sfiora pure soluzioni Black, si segnala sopratutto come uno dei brani più rappresentativi dell'EP, assieme alla conclusiva "Wooden Memories", esemplare compendio di quanto ascoltato in precedenza.
Che dire infine… le chitarre tradiscono le originali influenze Classic Metal (ed un animo spiccatamente maideniano), e su brani ben costruiti e mai ridondanti, le parti folk ed epiche trovano l'equilibrio con quelle più estreme, lasciando supporre sviluppi più che interessanti nei confronti dei Krampus.
Vedremo...
Well, its a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it...
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