Veterani della scena heavy rock/stoner americana, la carriera dei Karma to Burn è stata irta di difficoltà. Nati al principio dei ’90, hanno dovuto attendere fino al 1997 per esordire con l’albo omonimo. Problemi di line-up e manageriali hanno limitato a tre soli lavori la loro discografia, pur se rimasti attivi per un lungo periodo. Nel ’03 c’è stato lo scioglimento non ufficiale, con i tre musicisti impegnati in altri progetti. Inattesi, i KtB sono ricomparsi lo scorso anno, pubblicando “Appalachian incantation” e dando vita alla seconda fase della loro storia. Fase che si preannuncia molto più intensa, visto che è servito un solo anno per sfornare il nuovo “V”, quinto album del gruppo.
Le caratteristiche più note e consolidate, vengono nuovamente ribadite: dall’attitudine puramente strumentale alla stravaganza di usare numeri come titoli delle canzoni. Le tracce mostrano uno spessore ed un groove riconducibile allo stoner di Nebula o Atomic Bitchwax, cioè brani robusti e sostenuti senza pretenziose soluzioni tecniche, ma concretamente di buona fattura.
La vera novità è rappresentata dai tre brani cantati, grazie alla presenza del vocalist Daniel Davies. Una formula ben poco usata dal gruppo americano, che però ci ha abituato ad improvvise decisioni spiazzanti. Forse si profila un futuro più “convenzionale” per i Karma to Burn? Vedremo. Intanto gustiamoci questi tre episodi, di cui due rientrano nell’energy rock/stoner di scuola Fu Manchu mentre l’ultimo è nientemeno che la cover di “Never say die”, degli ultracoverizzati Black Sabbath.
Insomma, “V” è un buon disco, non al livello delle prime realizzazoni della band ma sicuramente degno di un ascolto. Speriamo solo che i virginiani non si blocchino nuovamente per anni ed anni.