Il titolo dice molto, se non tutto.
Quella dei cosentini
Bad Swan è un’autentica
festa a base di rock n’ roll, quello che nasce sulle strade e che in funzione del live show è composto e arrangiato. Quello che vibra di energia vera, sincera e ti travolge anche quando invece che da un muro di Marshall esplode con tutta la sua forza espressiva dagli speaker di un più modesto impianto stereofonico casalingo. Quello fatto da gente che lo vive con totale dedizione direttamente sulla propria pelle e che grazie a questa propensione naturale riesce ad evitare simulazioni e manierismi. Quello che sicuramente non è per nulla originale, ma fa in modo che il suo
antico lignaggio inebri con i suoi
effluvi di blues, di calore, di sudore, di alcol, di luce e di
nobile trivialità, tutta “roba” assolutamente familiare e collaudata, eppure sempre incredibilmente efficace quando riesce a manifestare un imperante
feeling interpretativo.
Il gruppo è, infatti, un dichiarato
figlio della tradizione rappresentata prima dai maestri AC/DC e Aerosmith e poi da illuminati epigoni come Georgia Satellites, The Cult, Cinderella e Tesla, ma proprio come i migliori eredi del settore non si limita ad attingere a tale immenso patrimonio “storico” e tenta di appropriarsene per forgiare il “proprio” sound.
In questo contesto, ovviamente, chi persegue produzioni artistiche all’insegna della personalità e creatività
tout court troverà pochi motivi di soddisfazione in ventitré minuti di fremente
celebrazione sonora, mentre sono certo che chi ama il rock nella sua trascrizione
old fashioned, non potrà che apprezzare l’urgenza e la vitalità di questa
rilettura davvero vibrante e riuscita.
La voce granulosa di Fabrizio Cariati, le chitarre grondanti di brucianti riff e di affilati solos, sciorinate mentre le pulsazioni ritmiche scandiscono i battiti delle emozioni semplici e travolgenti della tipica
rock n’ roll life, si ritrovano in un songwriting nervoso, adrenalinico e incisivo, garantendo la qualità di un programma, seppur breve, privo di flessioni e che, tuttavia, ha in “Born to be bad”, “Light my brain” (gratificato da un accattivante tocco “scandinavo”) e nelle cadenze granitiche di “Dirty paradise” i suoi momenti vincenti.
Non resta che augurare la miglior fortuna a questi promettenti
rockers italiani, nella speranza che possano seguire il percorso di Airbourne, ’77, The Last Vegas e Charm City Devils, tutta gente divenuta popolare con le idee di
qualcun altro (ma come si dice, il mondo della musica è pieno di “ladri eccellenti”) … anzi, dirò di più, i Bad Swan mi sembrano anche più meritevoli di tanti loro compari “d’ispirazione” stilistica, in virtù, come già affermato, di un’attitudine davvero fresca e spumeggiante … a quando il reale banco di prova del
full-length?
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