E con questo fanno 10.
Decimo album per la formazione finlandese (se escludiamo il recente “
Magic & Mayhem - Tales From The Early Years“, un rifacimento dei classici della band con i nuovi membri), che dopo 21 anni di onoratissima carriera e svariati cambi di formazione sembrano aver finalmente trovato la loro stabilità, grazie soprattutto all'innesto dell'ottimo
Tomi Joutsen dietro il microfono, in sostituzione del pur bravo Pasi Koskinen, vocalist sui due album più riusciti della band, ovvero “
Elegy” e il meraviglioso “
Tuonela”, datati ormai 1996 e 1999.
E “
Beginning of Times” inizia sotto i migliori auspici per il sottoscritto, con un'ottima copertina altamente evocativa, forse la migliore assieme a quella di “
Skyforger”, che ben si adatta alle sonorità proposte all'interno dell'album. Album che va ancora una volta a pescare nel poema epico Kalevala, raccontando in questa occasione le gesta di Vainamoinen, il personaggio principale della saga, descritto dalla band come
"The Iconic Hero of Finnish Mythology", un pezzo grosso insomma!
Non bastasse questo a rendere importante il disco, ci si mette pure il già citato raggiungimento della doppia cifra nel numero degli studio album, un traguardo di grande valore che al giorno d'oggi ormai poche band possono vantare, soprattutto se la maggior parte degli album sono di gran valore e non soltanto un modo per far cassa e rimpinguare la pensione.
Ed è innegabile che durante il corso di questi 10 album la crescita stilistica degli
Amorphis sia stata notevole, complice anche i numerosi apporti alle sonorità della band dati dai diversi membri che ne hanno fatto parte. E
Tomi Joutsen in questo ha contribuito in particolar modo riportando il growl all'interno dei dischi degli
Amorphis, a mio parere uno dei veri punti forti della band finlandese, che da “
Eclipse” in poi ha ricreato un confronto stilistico tra growl e cantato pulito molto intrigante, in particolare proprio grazie alla voce di
Tomi, molto più bassa e baritonale rispetto a quella di
Pasi, più adatta quindi a saltellare tra i due stili di canto.
“
The Beginning of Times” inizia comunque in maniera relativamente soft con “
Battle for Light”, in cui il pianoforte ci introduce alle vicende di Vainamoinen, il bardo supremo della mitologia ugro-finnica. La canzone si muove su binari sempre più affini al Gothic, ricordando parecchio in questo gli episodi migliori di “
Eclipse”; anticipo già che a mio modo di vedere rimarrà la canzone più riuscita del disco, assieme alla centrale “
Soothsayer”, nella quale fanno capolino addirittura alcune sonorità vagamente orientaleggianti.
Proprio “
Soothsayer” è, insieme a “
Crack in a Stone” e alla title-track “
Beginning of Time”, la canzone dove il growl la fa maggiormente da padrone, in particolare nei ritornelli delle prime due, relegando l'atmosferico cantato pulito del “nostro” bardo
Joutsen alle strofe, a mo di narrazione di una storia che ha il suo zenit nella parte centrale. Nella title-track invece la voce di Tomi mi ha ricordato parecchio il
Nick Holmes di una decina di anni fa.
In generale però la sensazione è che il suono degli
Amorphis si sia leggermente ammorbidito, fattore riscontrabile in particolare in
“On a Stranded Shore”, canzone dal chorus ammaliante ma decisamente placido, quasi una ballad, che fa da spartiacque tra una prima parte di album sullo stesso filone e le 3 canzoni finali, tra cui le già citate “
Crack in a Stone” e “
Beginning of Time”, dove la cattiveria compositiva torna a fare capolino tra le note, e le chitarre di
Holopainen e
Koivusaari riversano la consueta carica.
Un encomio finale va a
Santeri Kallio, tastierista della band e a mio modo di vedere il motore pulsante di questo album, con le sue intro al pianoforte e le sue note di grande atmosfera presenti in ogni traccia.
Che dire, il decimo album degli
Amorphis in conclusione mi è piaciuto molto. Se escludiamo “
Far From the Sun”, canto del cigno di
Koskinen e unico passo falso della band, gli
Amorphis hanno sempre sfornato album di alta qualità, e questo “
The Beginning of Times” non è da meno.
E' vero, c'è un certo ammorbidimento generale del sound, che non deve però essere visto in maniera negativa, almeno a mio parere, quanto come un'evoluzione naturale della band. Personalmente trovo inutile valutare un lavoro tenendo troppo in considerazione i lavori precedenti, facendo troppi confronti e definendo un album “brutto” solo perché dissimile ai capolavori del passato. Preferisco considerare un disco per il suo valore assoluto, non dimenticando certo l'eredità che si porta dietro ma nemmeno sminuendolo con futili paragoni, e in questo
"The Beginning of Times" riesce alla perfezione a colpire in positivo.
Quoth the Raven, Nevermore..