Qualche segnale rivelatore, in effetti, lo si era già captato, ma ecco che dopo quasi tre lustri ci troviamo per le mani il legittimo successore di "The Treasure Arcane".
"Splendours from the Dark" mantiene quello spirito che vedeva i
Crown of Autumn sperimentare diversi suoni ed influenze, ma già dai primi due pezzi ci si accorge che la direzione musicale è deviata dal percorso iniziale, anche se le vocals aggressive dello stesso Rastelli rappresentano un convincente trait d'union con il passato.
Infatti, dopo "Templeisen", che mantiene un taglio sinfonico e folk ma con un approccio quasi Death Metal, tocca poi ad "Aegis", che ha dalla sua un inedito ed accattivante taglio gothicheggiante, prima grossa novità di un album che sfrutta anche un songwriting meno dispersivo e maggiormente orientato alla
forma canzone rispetto al passato, dal quale i Crown of Autumn confermano l'importanza data alle liriche.
Se su "Noble Wolf" incappiamo in un Mattia Stancioiu che pesta come un forsennato nello scorrere di un brano dalle tinte Black, la successiva "Forest of Thoughts" ricorda qualcosa dei migliori e decadenti Moonspell, anche se i portoghesi non hanno mai sbandato verso quelle soluzioni Heavy & Power presenti nel refrain, e che comunque fanno pure capolino qua e là, anche nel guitarwork, come, ad esempio, nel finale di "Ye Coulde of Unknowing".
Oltre all'ottima prova alle clean vocals da parte di Gianluigi Girardi (proveniente dagli Event Horizon), sull'album si ritaglia un ruolo importante anche l'ospite Milena Saracino, che svetta sull'acustica "Ultima Thule", un momento lieve che viene subito
spazzato via dalle veloci ed heavy "At the Crystal Stairs of Winter" e "To Wield the Tempest's Hilt", spinte dal drumming di Stancioiu e con il duo Rastelli/Girardi a spartirsi la scena.
L'epicità e la magniloquenza delle stupende "In the Garden of the Wounded King" (dall'incedere
vagamente maideniano) e "Ye Coulde of Unknowing", intervallate dalla dinamicità di "Triumphant", sono forse i momenti più alti dell'album, che poi si chiude sulle atmosfere folk/ambient, adatte ad una colonna sonora, della strumentale "Spectres from the Sea".
Senza andare a cercare inutili ed improbabili paragoni con un esordio risalente ormai a 14 anni fa, "Splendours from the Dark", con la sua forza e classe, è emblematico di quello che sono oggi i Crown of Autumn: una formazione che non vive del ricordo dei tempi andati ma che ha saputo - e credo fortemente voluto - riconsegnarsi all'altezza dopo un
"The Long, Loud Silence".
Well, its a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it...