"Devi tornare indietro con me!"
"Ma indietro dove?"
"Indietro nel futuro!"Purtroppo niente DeLorean in questo caso, siamo semplicemente di fronte a dei grandi estimatori dei
Children of Bodom, gente che ha ascoltato e riascoltato "
Something Wild", "
Hatebreeder" e "
Follow the Reaper", fino alla nausea. Ma facciamo un passo indietro..
I
Deviant Syndrome sono 5 ragazzi, per la precisione 4 ragazzi e una ragazza, provenienti dalla Russia, e questo “
Inflicted Deviations” è il loro debut album, per l’etichetta russa Mazzar Records. Tutto fatto in casa insomma, ma come potete notare dal voto in calce almeno in chi scrive c’è la convinzione che questo debutto attirerà presto le attenzioni di qualche etichetta ben più importante.
E' comunque innegabile, fin dai primi secondi di “
Blessing the Emptiness”, che i Deviant Syndrome peschino a piene reti dalle parti del lago di Bodom, quello dei bei tempi. E c’è da dire che lo fanno in maniera eccelsa, prendendo si spunto, ma senza mai cadere eccessivamente nella copiatura, ispirandosi alle atmosfere dei primi lavori di Alexi Laiho e soci, senza dubbio i loro migliori. Allo stesso tempo però si dimenticano, per fortuna nostra e loro, dell’involuzione che i loro più celebri predecessori hanno intrapreso in questi ultimi anni e sfornando un disco di Melodic Death coi fiocchi, dove le velenose chitarre del leader
George Shchelbanin e di
Eugene Sibirskiy ben si intersecano con le tastiere della brava e bella (e non è un cliché in questo caso)
Olga Orekhova, senza dimenticare la chirurgica batteria di
Konstantin Kalkatinov e il metronomo
Nikita Kharitonov al basso.
Tecnicamente insomma nulla da dire, i 5 elementi si comportano tutti benissimo, intessendo trame mai banali e noiose, che s'infilano direttamente nella testa dell’ascoltatore dal primo ascolto, sforando a volte quasi nel black metal come in “
A Day to Fall”, dove la voce di George si fa molto più cupa ed è il basso ad avere il vantaggio sulle chitarre. Chitarre che si arrogano però il predominio sulla quasi totalità dell’album, offrendo assoli al fulmicotone di pregevolissima fattura, in particolare sull’ottima “
The Wicked” e sull’opener “
Blessing the Emptiness”.
Ma il capolavoro assoluto dei
Deviant Syndrome è senza dubbio “
Liberation”, un’atipica traccia strumentale di ben 8 minuti e spiccioli che testimonia in tutto e per tutto il valore della giovane band russa, con parti sobrie ispiranti sensazioni di buio e solitudine, che fungono da stacco tra episodi di pura tecnica strumentale. Qua e la rumori di città, sirene di polizia, tuoni e fulmini, fino a un battito di cuore che ci guida fino agli ultimi 2 minuti di una canzone eccezionalmente atmosferica.
E creare 8 minuti da ascoltare tutti d’un fiato, senza uno sbadiglio, non è cosa facile.
Insomma un gran debutto in ambito death quello dei
Deviant Syndrome, che lascerà senza dubbio un sorrisone sulle labbra dei fan maggiormente delusi dalla piega presa dai Children of Bodom, e che potrebbe rischiare di affascinare persino coloro i quali solitamente non sono avvezzi a un genere di sonorità più estreme, data la ricca componente melodica presente lungo le 9 tracce che costituiscono “
Inflicted Deviations”.
Quoth the Raven, Nevermore..
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