Dieci anni sono trascorsi dall'ultimo disco degli
Yes, dieci anni per comporre, registrare e produrre un nuovo album... per qualcuno potrà sembrare un tempo troppo lungo, per chi invece ama fare le cose quando è il momento e ama farle bene, probailmente dieci anni non sono nulla...
L'esperienza insegna che quando si aspetta per tanto tempo l'uscita di un lavoro, poi si resta sempre un po' delusi, numerose volte mi è capitato di attendere con “ansia” e “trepidazione” per lunghi periodi una produzione, che poi non si è rivelata all'altezza delle aspettative (spesso non si è rivelata nemmeno all'altezza della band che la proponeva...).
Per fortuna esistono le eccezioni! Rare si, ma ci sono!
Fly From Here è prossimo all'uscita (almeno nel momento in cui sto scrivendo questa recensione) e ho avuto l'immensa fortuna di poterlo ascoltare in anteprima in streaming di ottima qualità da un link fornitomi direttamente dalla Frontiers, etichetta che ha prodotto questo nuovo album di una delle band che ha fatto del Prog Rock una vera e propria arte.
L'album è un classico dei classici del prog... è diviso in due parti e credo, che la cosa farà immenso piacere a chi comprerà l'edizione in vinile, che potrà fare quel gesto a me tanto caro di girare il disco sull'altro lato per poi poter proseguire l'ascolto.
La prima parte è un vero concept come il manuale del Prog anni settanta dice di fare, infatti Fly From Here è “divisa”, parte con una Overture strumentale e prosegue in una suite composta da 5 parti per un totale di 6 tracce che ovviamente vanno ascoltate tutte insieme e in rigoroso ordine.
Fin dall'inizio della overture si sente subito che i vecchi del mestiere la sanno lunga, l'impronta è inequivocabile Yes allo stato puro.
La cosa più strana, dico la verità, arriva nella seconda traccia... infatti in Fly From Here Part I, dopo una breve intro si sente una voce che non è quella di Anderson.
La nuova voce degli Yes si chiama Benoit David ed è il membro più giovane della band (per dirla tutta... nella foto stona un po'...), canadese con una voce cristallina ed in alcuni punti eccezionalmente simile a quella di Anderson.; non per nulla Benoit David ha cantato fino al 2008 nei Close To The Edge, cover band ufficiale proprio degli Yes.
Ha preso parte ufficialmente negli Yes quando Jon Anderson, non ha potuto partecipare al tour del 2009 per problemi di salute, e questo è il primo album che incide con gli Yes diventandone a tutti gli effetti la nuova voce ufficiale.
Ok... non è Anderson... ma è bravo... molto bravo! Anche se ogni tanto sembra un po' troppo il clone venuto non troppo bene di Jon, il sound degli Yes gli calza a pennello e se con l'andare del tempo cantasse un po' di più a modo suo, secondo me, potrebbe veramente dare una importantissimo contributo ad una rinascita.
Divagazioni più o meno sul tema, a parte, il disco prosegue ed arriva ad un “secondo tempo” in cui il concept viene portato avanti con brani non concatenati ma ugualmente di effetto.
Il resto della band è praticamente una cosa sola... e come potrebbe non esserlo dopo tanti anni che si suona insieme?
Che dire... alle tastiere c'é Geoff Downes (che ha preso parte più volte al gruppo al posto di Wakeman) una garanzia quasi come il grande Rick; per il resto la band è quella di sempre: Steve Howe alle chitarre, Chris Squire al basso e Alan White alla batteria che insieme danno proprio quell'impronta perfettamente distinguibile dalle altre che dice: “Hey! Noi Siamo gli Yes!”
Dal punto di vista tecnico e della produzione musicale il disco è impeccabile, registrato con un uso delle dinamiche che fa venire i brividi (se si si è sentito con un ascolto in straming non oso immaginare quando ascolterò il CD), atmosfere dolci e momenti energici si alternano perfettamente, e in molti tratti si riesce a percepire lo zampino di un produttore di gran levatura come Trevor Horn (non a caso fece parte per un breve periodo degli Yes dal 79 all' 81) soprattutto nella seconda parte del disco, dove lo stile prog settanta non viene meno ma si fonde con sonorità e stili più moderni.
In conclusione... che dire? Beh... certamente il lavoro è pienamente all'altezza del nome che porta, qualcosa di nuovo come la voce di David non guasta e, anzi, si amalgama perfettamente con quel qualcosa di “vecchio” che è il sound tipico del trio Howe, Squire e White.
A me è piaciuto e non nego che appena esce il CD me lo compro... anzi se non costa un botto mi compro addirittura il vinile.