Hanno passaporto irlandese ma scommetto che ai Warpath piacerebbe averne uno statunitense fra le mani.
Il sound della band di Dublino infatti è tutt’altro che europeo, nelle vene del quintetto scorre lo stesso “sangue musicale” di acts d’oltreoceano quali Dying Fetus e Misery Index.
Dunque spazio a canzoni dal forte impatto sonoro, contaminate da spunti “rubati” al grindcore, il cui unico fine è quello di spazzare tutto via con furia iconoclasta.
“Malevolent reprisal” si compone di nove canzoni per un totale che sfora di poco i trentadue minuti, tempistica nelle quale una band ampiamente derivativa come i Warpath può dire il suo senza incorrere nel calo di interesse di chi ascolta, rischio che sta sempre in agguato quando si hanno a disposizione più muscoli che talento.
Aspettatevi quindi canzoni estremamente lineari, cambi di tempo ridotti all’osso, un riffing incalzante e tempi da metronomo impazzito.
La cosa incredibile è che nonostante una scelta così limitata di elementi a propria disposizione, gli irlandesi riescano a tirare fuori qualcosa di interessante grazie ad alcuni spunti che beneficiano dell’influenza benevola della Dea dell’Ispirazione Brutal come in “Point blank execution” e “Unstoppalble”.
Chiude “Malevolent reprisal” la cover di “Tear it down” degli Hatebreeder, ma state tranquilli la declinazione “core” è stata cancellata con un bel pennarello ed è rimasta la parte metal rivista e corretta per non rovinare l’amalgama delle tracce precedenti.
Per la classe vera rinnovo l’invito di ripassare tutta la discografia di John Gallagher & Co. , ma per chi già va a dormire cullandosi con le note di “Stop at nothing”, un ascolto ai Warpath non farà male.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?