All’interno del materiale che ho da recensire devo dire che l’omonimo debut dei tedeschi
Owl, progetto dietro al quale troviamo Christian Kolf (già membro di Island, Valborg ed altri progetti troppo lunghi da elencare) è stato davvero un ascolto diverso dal solito.
Invece di riproporre old school death metal o l’ennesima copia conforme dei Dying Fetus, il Nostro ha pensato bene di riportare in chiave death le sperimentazioni atmosferiche/doom/depressive già usate ampiamente dai gruppi black metal da qualche anno a questa parte.
Ci troviamo quindi a maneggiare canzoni dalla lunghezza importante, dai titoli prosaici (N.d.r.: roba che manco gli Immortal di “Pure holocaust” riuscirono a partorire) in cui sono le atmosfere macabre e funeree a farla da padrone piuttosto che le mere capacità tecnico/compositive che passano gioco forza in secondo piano.
I riff ripetitivi ed ipnotici, i tempi rallentati, avvolgono “Owl” come un sudario su un catafalco, dando corpo a lugubri scenari di morte che mano a mano si affollano nella mente di chi ascolta.
Peccato che il mefitico incanto si spezzi con la riproduzione della sesta traccia, “Threnodical Ritual At The Spectral Shores Of The Eternal Sunset”, trenta minuti di nenia monocorde di pessimo ambient di cui non capisco assolutamente il significato.
Forse la paura di rilasciare una opera di durata inferiore ai 35 minuti?
Domanda che dovrebbe esser girata allo stesso Kolf per dissolvere il dubbio…
Fortunatamente la tecnologia esistente permette di saltare e/o ignorare la canzone e di dedicarsi solo alla parte interessante di “Owl”, anche se il voto finale risulterà giocoforza diminuito.
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