Ho già letto tante di quelle parole su questo disco, negli ultimi giorni, che ogni volta che lo sento non posso fare a meno di pormi parecchie domande. Quello che troverete in giro, non farà altro che incensare questo album come una delle migliori uscite del 2011. Se volete sentire questo, smettete pure subito di leggere e andate altrove a cercare elogi e sbrodolate su uno dei biondi più celebri del rock. Io vedrò di descrivervi, come sempre parzialmente filtrate dai miei gusti (e, per quanto ci si sforzi di essere obiettivi, non può che essere così), tutte le sensazioni che questo
Kicking & Screaming può offrire.
Pronti via, ecco la title-track, già edita come singolo da qualche settimane. Sgomberiamo subito il campo, se già prima non vi avevo convinto: se per voi questa è un’ottima canzone, non siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Certo, è sufficiente, ben suonata, abbastanza potente. Ma non vi accorgete di quanto sia forzata nel suo incedere? Di quanto il ritornello sia stantio e molto poco efficace? Fortunatamente, la successiva
My Own Worst Enemy, seppur molto più vicina all’alternative che non a un sano hard rock old style, ci riporta verso una direzione più consona a quello che, almeno io, cerco da un disco così: divertirmi con un po’ di rock and roll.
Tunnelvision, scritta in collaborazione con John 5, è sinceramente brutta, scialba, senza mordente: dalle parole di Bach dovrebbe essere il pezzo in grado di passare nelle radio. Forse è così, ma io probabilmente cambierei stazione. La tripletta che segue supera la sufficienza, con in mezzo una
Caught In A Dream in cui finalmente il riffing che tanta fortuna ha dato a Bach nel passato torna a farsi sentire. Bello anche l’arrangiamento di basso. La prima ballad,
I’m Alive, ci riconduce però alla difficoltà nel rendere i pezzi abbordabili e accessibili fin dal primo ascolto, a causa di una linea vocale arzigogolata e forzata, che di certo non fa venire voglia di riascoltarla.
Dirty Power ci riporta verso l’hard rock più pestato e scorre via che è un piacere, prima di una nuova battuta d’arresto con il pesante incedere di
Live The Life. In chiusura altre due ballad,
Dream Forever e
Wishin’, che ancora una volta non centrano il bersaglio in pieno, rimanendo niente di più che un piacevole intermezzo, mentre l’unica cosa da segnalare appare una
One Good Reason caratterizzata da un riff estremamente efficace.
E’ ben registrato, è ben suonato (soprattutto le chitarre fanno un lavoro eccellente), è ben cantato (sicuramente la voce del buon Seb ha perso qualcosa ma non smette di essere spettacolare), ma a mio parere il songwriting rimane assolutamente al di sotto delle aspettative. Alla fine dell’ascolto, la voglia di ricominciare non è proprio quella che solitamente lascia un bel disco. Il confronto con il precedente
Angel Down, a mio parere, è ampiamente perdente. Questo nuovo album suona diverso (è molto meno “metal” del predecessore) ma, pur presentando qualche spunto interessante sparso qua e là, non regala assolutamente niente di memorabile.
Non sono tra quelli che a tutti costi rivorrebbero Bach insieme agli Skid Row. Certo, mi farebbe piacere assistere a un ipotetico tour (sperando che, eventualmente, ci risparmino da un nuovo disco), ma se proprio la strada dell’angelo biondo dev’essere quella solista, allora ci vuole sicuramente un impegno maggiore. Tanti di voi lo acquisteranno per il nome, ma quanti realmente tra qualche settimana l’avranno ancora nello stereo? Non so, ragazzi, vedete voi, a mio parere i dischi che “durano” sono ben altri.
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