Da una collaborazione nata nel 2008 per un lavoro dei Gypsy Rose (“Another world”) nasce il progetto
Reece - Kronlund, in cui il cantante dei redivivi Bangalore Choir (ma anche ex- Accept, nel controverso “Eat the heat”, nonché protagonista di Sircle Of Silence e Stream) e il chitarrista dei Dogface rinnovano una proficua
partership, sfornando un dischetto davvero godibile, dal titolo piuttosto rappresentativo del suo contenuto.
Lasciatemi dire, ancor prima di addentrarmi tra i “solchi” dell’albo in questione, che sono molto contento di vedere David Reece riconquistare, dopo parecchi anni di dimenticatoio, quella “visibilità” che un’ugola come la sua merita ampiamente.
Il sodalizio con un musicista preparato e sensibile come Martin Kronlund, poi, si dimostra essere particolarmente
sintonico, dal momento che, anche grazie agli importanti “collaboratori esterni” del gruppo (Tommy Denander, Christian Tolle, Andy Susemihl, …), il risultato finale apprezzabile in questo “Solid” è quello di un
hard n’ heavy melodico piuttosto consistente e credibile, assolutamente privo di velleità “destabilizzanti”, ma in cui le canzoni sono scritte, cantate ed eseguite con grande precisione e vivace forza espressiva.
Non sarà difficile, dunque, lasciarsi ammaliare dalla brillante (forse un po’ meno estesa che ai “tempi belli” e tuttavia capace di sopperire alla lacuna con una notevole densità interpretativa) laringe di Reece (che potremmo definire come una fortunata
ibridazione delle
specie Coverdale / Lee Roth / Stanley / Sabu) intonare la familiare linea melodica di “My angel wears white”, una “roba” Bangalore Choir-
iana (la risposta del terzo millennio alla storica “Angel in black”?) fino al midollo eppure sempre assai allettante, oppure finire per canticchiare il refrain della vibrante “Samurai”, pochi secondi dopo aver rilevato l’
essenzialità della sua costruzione armonica.
“Could this be madness” è un
hard-blues dal caloroso afflato passionale, “Animals and cannibals” ha un riff affilato e una struttura proto-power abbastanza ordinaria e comunque complessivamente efficace, mentre tocca al
soft-tune “Remember you” assestare un bel colpo alla sfera sensoriale degli estimatori del “bel canto” e dell’hard di qualità.
Ancora buone vibrazioni da “Paint the mirror black”, con bagliori di Kiss e Whitesnake, graziose la ballatona “I would” e la suggestiva “Edge of heaven”, potente l’atletica "The dead shall walk the earth”, laddove “Magic pudding” convince per le coinvolgenti cadenze
heavy-blues, un ritornello a “presa rapida” e un’interpretazione vocale di notevole effetto.
Il
Giano Bifronte raffigurato sulla
front-cover sembra quasi voler offrire una chiave di lettura alla rinnovata verve artistica di Reece e all’affinità elettiva riscontrata con Kronlund … un’entità musicale omogenea con uno sguardo rivolto al
passato, osservando al contempo quello che succede nel
presente e magari anche nel
futuro, per rinsaldare, in un’epoca che ha ritrovato il suo amore per il “classico”, quel ruolo di spicco che non dovrebbe sfuggirgli.
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