Ho fatto parecchia fatica a riconoscere in questa incarnazione dei
Morganha i tratti distintivi di quel gruppo che pubblicò (sottoponendolo poi alla nostra
gloriosa attenzione) “Allucinazioni auditive (english version Ep – 2010 mix)”, estrazione cantata in lingua inglese di cinque pezzi prelevati dall’omonimo album in italiano del 2008.
E non è tanto per quell’
acca inserita probabilmente per rendere leggermente meno inflazionato il proprio
monicker, ma per il cambio di direzione stilistica, avvenuta anche grazie ad alcune variazioni nella line-up, che oggi la rende una band decisamente più interessante e degna d’invogliato monitoraggio.
In realtà, a ben
sentire, alcune delle radici
concettuali del suono ostentato in quel disco si possono ravvisare pure in questo “After dark”, eppure la miscela tra hard rock e heavy metal, che non disdegna puntatine nelle sonorità più “moderne” del genere, offerta nel nuovo lavoro, appare certamente più gagliarda, risoluta e determinata, marchiata da una discreta dose di eclettismo e, soprattutto, da un gusto melodico e compositivo di potenziata attrattiva, incapace di sconvolgimenti
epocali e tuttavia
intrigante al presente e addirittura
avvincente se osservato in una
benevola prospettiva, in cui le indecisioni attuali risultassero superate attraverso il
potere della
maturità e della completa
assimilazione espressiva.
Si tratta, infatti, di una
metamorfosi evidentemente non ancora del tutto metabolizzata, che presenta un progetto ancora un po’ acerbo ed incompiuto, cui però mi sento di concedere tutta la mia fiducia, in virtù di un’evoluzione convincente e molto incisiva.
Arrivati ad un imprescindibile ragguaglio ispirativo, diciamo che nella musica odierna del quartetto di Gubbio si possono riscontrare, su un solido sostrato “classico” (Iron Maiden, la NWOBHM in generale, …), influssi
thrash (Exodus e Metallica, ascoltare la title-track, per referenze immediate …), scorie
swedish-death (le chitarre dell’esplicita, e ottima peraltro, “Celebrating death”, ad esempio …), scampoli di
affidabile rock duro (il
groove vibrante e volubile di “Nightlights”, le velleità da struggente
ballad di “Ruins of my dreams”, non completamente centrate, a dire la verità) e qualcosina delle tendenze più recenti della musica “estrema” (Avenged Sevenfold, …), il tutto condito, come anticipato, dalla notevole forza di persuasione di strutture armoniche che spesso riescono a compensare una certa mancanza di lucidità, una voce abbastanza espressiva ma talvolta altrettanto imprecisa e una resa sonora certamente perfettibile, specialmente nell’impatto delle ritmiche.
“Codebreaker”, con la sua coinvolgente energia, e ancor di più “Blinders” brano in pratica privo di cedimenti, dall’effetto sensoriale dirompente, sono alla fine i momenti migliori del dischetto e assieme ad una sostanziosa schiera di buone qualità rilevabili nel resto del programma, consentono di prospettare per i nostri un futuro incoraggiante … consolidare l’identità artistica della band e debellare talune ingenuità e discontinuità sembrano sfide sicuramente alla portata del promettente quartetto umbro … il prossimo albo fornirà, sono sicuro, un’immagine più completa dei Morganha e potrebbe davvero essere un’effigie
significativa nella vetrina della scena hard n’ heavy internazionale.
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