Toh... riecco i
Lechery.
La formazione formata dall'ex Arch Enemy Martin Bengtsson, consegna un
erede all'esordio
"Violator", e se le coordinate musicali non si spostano di una virgola, "In Fire" si rivela nettamente superiore.
Per energia e capacità di coinvolgere... certo non per l'originalità, per quanto non credo proprio che quest'ultima fosse nel mirino dei Lechery, dato che non ci provano nemmeno quando devono scegliere la copertina ed i titoli da dare alle canzoni, e, infatti, scopriamo l'ennesima "Carry On", un'altra "Cross the Line" o variazione sul
tema come per "In Fire", "Lust for Sin" o "We All Gonna Rock You Tonight".
Tra il fragore delle onde di quel metallo fuso che scorre nei solchi di "In Fire", si percepiscono echi di Saxon, Scorpions, W.A.S.P., Primal Fear, Accept; ed taluni casi si può parlare quasi di clonazione, come quella che mette in atto lo stesso Bengtsson nei confronti di Klaus Meine su "Mechanical Beast" ed "All the Way", o di Blackie Lawless ("Burning Anger", "Lethal"), mentre brani come "Heart of a Metal Virgin" (già, alla faccia della fantasia nei titoli!) e la titletrack mutuano, e senza alcun apparente rimorso, il British guitarwork, con larghi e graditi rimandi ad Iron Maiden e Judas Priest.
L'ascolto dell'album è quindi caldamente consigliato, visto che scorre velocemente tanto nel lettore quanto nelle vene, favorito dall'assenza della ballad
d'ordinanza, e da una bella prova complessiva di questi svedesi, su tutte quella di Bengtsson, sia alla voce sia alla chitarra.
Well, its a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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