Copertina 5,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2004
Durata:51 min.
Etichetta:Arise
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. I MADE MY OWN HELL
  2. BREAKIN' ALL THE RULES
  3. NO RETURN
  4. STEAM-ROLLER
  5. OLD KING'S VISIONS (PART II)
  6. MYSTERY
  7. HOUSE OF WAR
  8. MOONLIGHT
  9. DREAMER
  10. DEATH COMES TONIGHT
  11. I WILL RAISE MY FIST
  12. MARCH OF DOOMS

Line up

  • Carlos Escudero: vocals
  • Pedro J. Monge: guitars, keyboards
  • Oscar Cuadrado: bass
  • Edu Martinez: drums

Voto medio utenti

Tornano sulle scene gli spagnoli Vhäldemar, uno dei gruppi di punta della Arise Records, che già non avevano entusiasmato in occasione del debut album “Fight to the End”. Il precedente disco aveva evidenziato un'eccessiva vicinanza ai canoni stilistici di gruppi quali Manowar e Gamma Ray, e purtroppo anche questo “I Made My Own Hell”, pur beneficiando di una discreta produzione e di una buona prova strumentale da parte del gruppo, sfiora lo zero assoluto in quanto a personalità e originalità. Non che questo crimine sia particolarmente insolito negli ultimi anni in campo Power Metal, ma la pochezza del songwriting dei Vhäldemar è a tratti imbarazzante: estremamente lineare e diretto, ma veramente troppo derivativo. I cinque giovani iberici passano da canzoni vicinissime al sound dei Manowar (come nella roboante opener, o nella tellurica “House of War”), a composizioni in perfetto stile Gamma Ray (è il caso di “Breakin' All the Rules” e “No Return”), senza però lasciar traccia nell'orecchio dell'ascoltatore. Anche il singer Carlos Escudero cerca di imitare Eric Adams e Kai Hansen in diversi passaggi, con risultati generalmente deludenti: purtroppo una modesta tecnica vocale e un'estensione piuttosto limitata gli impediscono convincere a fondo. Altro aspetto negativo del platter sono i cori, talmente grezzi e poco curati da risultare quasi ridicoli (come nella ballad “Old King's Visions (Part II)”, a dir poco noiosa). Nella piacevole strumentale “Mystery” si possono apprezzare i pirotecnici solo di Pedro J. Monge, chitarrista di chiara ispirazione malmsteeniana, mentre l'acustica “Moonlight” dura veramente troppo poco per lasciare un segno. Molto bella la copertina del disco, così come è molto curato il booklet. “I Made My Own Hell” è un disco deludente, in grado di rendere felici solo i defender più convinti. Per tutti gli altri, il mercato offre alternative molto più interessanti.
Recensione a cura di Marco 'Lendar' Pessione

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