Copertina 6

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2011
Durata:41 min.
Etichetta:AFM
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE BAIT
  2. PARASITE´S PARADISE
  3. 7.405.926
  4. ONE LIFE LEFT
  5. A VAST HEREAFTER
  6. LEST WE FORGET
  7. ACT OF CAPRICE
  8. GODSEED
  9. VIOLAND
  10. ONE ATE SEVEN

Line up

  • Torsten Eggert: bass
  • Sören Teckenburg: drums
  • Ben Liepelt: guitars
  • Etienne Belmar: guitars
  • Ron Brunke: vocals

Voto medio utenti

Alla AFM, etichetta che negli anni ha saputo sfornare pur con un budget assai limitato ottimi gruppi di power e classic metal come Edguy, Nostradameus, At Vance, Axxis, Heavenly e molti molti altri, bisogna ammettere che di death metal se ne intendono proprio pochino, o perlomeno c'è ancora molto da lavorare.

I Debauchery ne sono un esempio lampante, dopo 5 o 6 dischi assolutamente scandalosi ed orridi, sono ancora belli attivi e pimpanti nel roster dell'etichetta teutonica, sebbene siano tra le formazioni death più inascoltabili e dannose dell'intero panorama metal mondiale.

I newcomers Buried in Black grazie a Dio sono anni luce lontani da tale miseria ma in ogni caso non siamo ai livelli della qualità media delle uscite power della AFM e non possiamo parlare propriamente di esordio col botto; il loro primo cd intitolato "Black Death" è un disco di death metal piuttosto tradizionale, fortemente attaccato alla tradizione e costruito su stilemi decisamente di base e primordiali, ancora piuttosto acerbo a livello di composizione ed assai banale a livello di idee, con riffs che sembrano composti dal ragazzetto 16enne che prende la chitarra in mano per la prima volta ed inizia a scapocciarci sopra tutto entusiasmato.

Ora tutto questo nel death metal può essere un pregio, inutile scervellarsi in chissà quale alchemico riff quando poi è molto meglio indirizzarsi su un accordo vincente ed esaltante sebbene standardizzato ed impersonale, però i Buried in Black al momento azzeccano poco spesso la "giocata vincente" come ad esempio in "Act of Caprice" che risulta essere in questo modo, pur senza far urlare al miracolo, uno dei migliori pezzi del disco.

Fra i pregi della band e di conseguenza di "Black Death" riscontriamo il gusto negli assoli, molto malinconici e dal mood assai triste, che ben si confà alla tematica e la direzione musicale dei brani, che per dire la verità nella seconda parte del disco diventano assai migliori rispetto alla prima metà.

Un sei di incoraggiamento, non propriamente meritatissimo, per una band che deve ancora crescere molto ma che verosimilmente non riuscirà mai ad uscire dall'anonimato ed a comporre qualcosa di veramente valido ed importante.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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