“
Dualism” ha il destino segnato dal nome: è per me infatti un album che verrà accolto in maniera diversa dalla fan-base della band, ora che dietro il microfono c’è il ‘nuovo’
Daniel de Jongh, e che il sound, inevitabilmente, muta forma.
Di tutte le band ‘
djent’ (termine coniato per indicare quei gruppi con le chitarre talmente grosse e pesanti da fare appunto, onomatopeicamente, ‘
djent djent’), i
Textures sono tra quelli che forse hanno avuto più gli occhi addosso: merito di una proposta quanto mai eterogenea, che riusciva a mescolare riffing di Meshugghiana memoria con aperture melodiche, cantati death e motivi ariosi, cosa che per me altro non è che progressive metal, visto da una certa angolatura. Ed il nuovo “Dualism” non smentisce minimamente la promessa, presentando una manciata di songs intricatissime e sorprendentemente piacevoli, laddove Daniel presenta una voce forse meno accattivante o riconoscibile di Erik Kalsbeek, ma non per questo meno interessante. Lo so, è una questione di gusti, ed il fatto che il tastierista
Uri (Geller)
Dijk sia entrato in pianta stabile nel gruppo la dice lunga sul fatto che la sperimentazione stia assumendo nuove forme, un po’ più legate ad un filo conduttore armonico, più che ad un pattern percussivo o chitarristico, ma vi rassicuro, amanti dei Textures, che brani belli come “
Arms of the Sea”, “
Minor Earth Major Skies” o “
Black Horses Stampede” non fanno rimpiangere il passato illustre degli olandesi. Poi, che la stranissima (ed altrettanto affascinante) amalgama della band sia in evoluzione mi sembra il minimo, visto che stiamo parlando di un combo dedito, a modo suo, a sperimentale a 360° all’interno di più generi, diventando quasi inclassificabili per la bravura di dosare la ricetta con mille ingredienti. In parole povere, “Dualism” ha per il sottoscritto conservato intatto l’alone di sperimentazione, impatto, ricerca sonora e imprevedibilità, ed il nuovo singer ha dalla sua la voglia di non snaturare le atmosfere del suo predecessore, pur rimanendo personale nella performance. Detto questo, quando parliamo di questi generi ‘di frontiera’ ognuno avrà la sua personalissima opinione, com’è giusto che sia.
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