Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2011
Durata:53 min.
Etichetta:Season of Mist

Tracklist

  1. HATE
  2. RED WHITE AND BLOOD
  3. FEAST FOR THE WOLVES
  4. SELF MEDICATING
  5. DEPRAVED INDIFFERENCE
  6. SLOW BURN
  7. SECTION 8
  8. WALKING DEAD
  9. DARK DAYS
  10. LET ME DIE
  11. WISH (NINE INCH NAILS COVER)

Line up

  • Rob Dukes: Vocals
  • Rob Moschetti: Bass/Backing Vocals
  • Lou Lehman: Lead Guitar
  • Jason Trenczer: Lead Guitar
  • Sam Inzerra: Drums

Voto medio utenti

God Bless America

Generation Kill è il nome di un libro del 2004 riguardanti le esperienze di un reporter di Rolling Stone affiancato ad un battaglione dei marines durante i primi mesi in Iraq nel 2003. A questo libro si è ispirata una serie TV omonima del 2008, alla quale si sono ispirati i Nostri per la scelta del monicker e del titolo dell'album, chiaro riferimento alla bandiera americana e più in generale alla politica guerrafondaia degli USA.

Dietro i Generation Kill si celano 5 omoni grandi e grossi, di quelli insomma che non vorreste mai trovarvi accanto in un pisciatoio di autogrill. Uno di questi non è nient'altro che Rob Dukes, vocalist degli Exodus, che ha unito le sue forze, tra gli altri, con ex membri di Pro-Pain e Mutilation. Il risultato è un gruppo dedito a un thrash metal di scuola americana, fortemente spruzzato di venature crossover e punk, alla Biohazard o alla Suicidal Tendencies tanto per intenderci, tolti gli skateboard.
Gli argomenti trattati dalla band, come chiaro dalla genesi del monicker, sono fortemente orientato a un sentimento di critica al governo, in particolare alle operazioni di guerra nel Medio Oriente, come evidenziato anche dai titoli di parecchie canzoni.
Canzoni che come già detto si radicano nel thrash più puro, basta sentire l'opener "Hate" o la mediana "Walking Dead" per rendersene conto, con la voce graffiante di Dukes a farla da padrona abilmente appoggiata da una sezione strumentale a tratti devastante, a tratti solo confusionaria.
Non mancano come già detto elementi di punk-hardcore, udibili in precedenza già nell'opener, ma che spiccano in particolare in "Depraved Indifference" e ovviamente nella conclusiva cover di "Wish" dei Nine Inch Nails, e momenti più riflessivi (sempre se di riflessione si può parlare) quali "Self Meditating" e "Dark Days", dove addirittura Dukes si avventura nel cantato pulito, cosa che gli riesce tra l'altro discretamente bene.

Un album che non inventa nulla ma che nemmeno si pone l'obiettivo di farlo, puntando forse più sul lato politico della questione che su quello musicale, dove regna un po' di confusione tra un approccio puramente thrash e uno più melodico, che sembrano non trovare mai il giusto equilibrio, arrivando troppo spesso a fare a botte tra di loro, contrariamente allo spirito pacifista del disco. In attesa del secondo album, una sufficienza stiracchiata per Dukes e soci.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 27 set 2011 alle 12:33

no dai vero che è molto più convincente? forse è veramente la produzione iperpompata degli ultimi Exodus il problema degli ultimi Exodus

Inserito il 26 set 2011 alle 16:32

carinissimo! mi diverte molto... nulla di trascendentale ma rob dukes canta meglio qua che negli exodus! mmmmmh... sarà solo questione di produzione?

Inserito il 22 set 2011 alle 10:44

Tutto vero anche le preplessità riguardo all'incertezza di fondo su dove andare definitivamente a parare. Però è un disco "divertente" e fa scapocciare un casino

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