Da non crederci, un sorriso di beata gioventù e spensieratezza ha pervaso il mio volto quando ho visto sulla mia scrivania il nuovo album dei
Morifade, quintetto svedese formatosi nel 1992 ed autore di uno degli album di becer power metal più belli ed importanti tra i gruppi di serie B: quel "
Possession of Power", uscito ben 12 anni fa per la storica
Loud N’ Proud, etichetta purtroppo fallita che aveva nel proprio roster molte band davvero valide come gli indimenticabili
Freternia, segnò un'epoca insieme a tanti altri caposaldi del genere, insieme a
Wyvern, Nostradameus, The Storyteller, Zonata, Axenstar, gli stessi
Freternia, contribuendo a formare una sorta di ondata power di blasone molto inferiore rispetto ai grandi nomi ma spesso con risultati ancor maggiori e più validi, perlomeno prendendo il meglio della loro produzione.
I
Morifade purtroppo vennero colti immediatamente da quel desiderio di distaccarsi da questo filone, di "evolversi" e dimostrare di saper suonare, cosa che ahimè molto spesso porta i musicisti a sopravvalutarsi ed a semplicemente dimenticarsi di scrivere belle canzoni, con l'unico intento rimasto di mostrarsi adulti e vaccinati: nacquero così dischi formalmente molto buoni come "
Imaginarium" e "
Domi<>Nation" ma completamente privi di spessore e mordente che, com'è ovvio, portarono i Morifade al completo oblio.
Dopo ben 7 anni di stop eccoli tornare per la piccola etichetta
IceWarrior e purtroppo dobbiamo immediatamente riscontrare che la proposta musicale è quella del secondo e del terzo album e che la vena diretta ed anche un po' pacchiana del primo disco è stata lasciata un ricordo dei tempi che furono: ne viene che "
Empire of Souls" segue le orme di "Imaginarium" anche negli risultati, andando a disegnare dei brani discreti, impeccabili sotto il profilo formale, ma che raramente riescono a scaldare il cuore e ad emozionare come un tempo.
Quasi scontato dire che il vecchio e sgraziato
Stefan Petersson alla voce non c'è più (oggi tristemente passato al blues e jazz, indubbiamente più redditizio del metal...), sostituito da
Kristian Wallin ex
Rising Faith che si barcamena in una prova da sufficienza ma nulla più: vocals molto aspre, in difficoltà sui toni più alti e prive di spessore e corposità su quelle più basse, insomma stessi difetti e limiti presentati sul vecchio "
The Arrival" del 2003. Il songwriting non lo aiuta di certo dato che, praticamente per tutta la durata del disco, parliamo di brani medi, nella norma, non belli e non brutti, che lasciano un po' il tempo che trovano seppur con qualche buono spunto qua e là.
Peccato, ci eravamo illusi che potesse ritornare la magia di un tempo ma evidentemente era chiedere troppo: per carità, non stiamo parlando di "
Empire of Souls" come un disco pessimo od inascoltabile, semplicemente però non in grado di competere con altre realtà e nemmeno col passato stesso della band.
Un ascolto agli estimatori dei vecchi
Morifade è consigliato, specialmente se avevate apprezzato il loro proseguio di carriera, ma non aspettatevi troppo.
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