Copertina 7

Info

Anno di uscita:2011
Durata:46 min.
Etichetta:Hammerheart Records

Tracklist

  1. STONEHEAD
  2. LIBERATION
  3. SUICIDAL HIPPIE
  4. EASY RIDER
  5. ROHYPNOL
  6. MISTER KNOW-HOW
  7. DEAD END
  8. MADE IN IRON
  9. GRAVEDANCE
  10. PHOBIA

Line up

  • Ronnie Sorkness: vocals
  • K Robin Olsen: guitars
  • Frank Wanberg: guitars, keyboards
  • Kennet Sorkness: bass
  • Lee Brass: drums

Voto medio utenti

"Red Planet": inciso nel 2000... pubblicato però solo nel 2009 per la Housecore Records (l'etichetta fondata da Phil Anselmo) ed ora, a due anni di distanza, ristampato dalla Hammerheart Records.

Una gestazione ed un cammino travagliato e tortuoso, per quello che potrebbe essere tanto l'ennesimo recupero raggiunto raschiando il fondo del barile, quanto la riscoperta di una preziosa gemma sfuggita all'attenzione dei più.

"Red Planet" si colloca a metà strada, infatti, si rivela un discreto album (il terzo per i Valhall) che non lascia trapelare le origini Black Metal di questa formazione norvegese dove, dietro lo pseudonimo dal batterista Lee Brass, scopriamo Fenriz (dai Darkthrone) e tra le cui fila sono passati musicisti con trascorsi in formazioni come Ulver, Old Man's Child e Tulus.
Ma non sono certo queste le coordinate verso le quali si muovono le dieci canzoni di cui si compone "Red Planet", che guarda ad uno Stoner, Acid e Hard Rock fumoso trafugato agli anni '70, intransigente e di certo non imbastardito da influenze musicali estreme. Al massimo troviamo quelle Jazz nel breve strumentale "Rohypnol" ed un pizzico di Funky nel trip musicale della conclusiva "Phobia",
I Valhall ribadiscono le proprie intenzioni, subito e con determinazione - anche nel titolo – con l'opener "Stonehead", e non stupisce quindi incappare poi nell'approccio spiccatamente seventies di "Liberation", con quelle sonorità vintage e velatamente in acido che ritroviamo poi anche su "Easy Rider", con la convincente prova del cantante Ronnie Sorkness, laconico e strascicato il giusto.
Lasciate scorrere l'interlocutoria "Rohypnol", e la leggerina "Mister Know-How" (episodio superfluo che si poteva tranquillamente evitare), la qualità non cala nemmeno nella seconda metà del disco, dove spiccano un paio di pezzi come "Dead End" ed una "Gravedance" dall'incedere doom, mentre non convince del tutto l'escursione in campo Heavy Metal (con qualche traccia dei Mercyful Fate) fatta dai Valhall in occasione di "Made in Iron".

Ok... "Red Planet" meritava davvero una seconda chance.

Well, its a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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