Nella musica, specchio fedele della vita, c’è chi si prende anni di pausa uscendo poi con prodotti ignobili capaci solo di far cacciare improperi allo sfortunato ascoltatore di turno, e c’è chi, come nel caso degli svedesi
Craft, è ancora in grado di graffiare la carne con unghie affilate con uscite degne di questo nome.
Nati come un gruppo derivativo devoto alla fiamma nera della prima scena norvegese, i Nostri hanno guadagnato il rispetto e la considerazione dei blackmetallers grazie a lavori dirompenti quali “Terror propaganda” e “Fuck the universe”, album capaci di soddisfare sia i gli acquirenti in cerca di materiale nero come la pece, sia gli scribacchini che (s)parlano di musica come il sottoscritto.
Cominciamo col dire che ascoltando “Void”, quarto capitolo della loro discografia, si nota come esso si colleghi e si distanzi allo stesso tempo dai suoi predecessori.
Sia subito chiaro che non è che gli svedesi siano impazziti di colpo e si siano messi a pasticciare con la musica gabber, ma è innegabile che John Doe e Soci abbiano scelto un taglio più moderno per la produzione di “Void”, abbandonando le dissonanze “confuse” stile anni 90 che caratterizzavano le precedenti uscite.
Similmente il songwriting degli otto brani (la prima traccia è una breve intro) che compongono il cd guarda sì al classicismo dei sempiterni Darkthrone e Satyricon (v. “Come resonance of doom”, le radici son sempre le radici), ma allo stesso tempo non disdegna di seguire sia le trame avvolgenti e sinuose, sia le melodie unte e contorte (v. in questo senso “Leaving the corporal shade” e “Serpent soul”) che caratterizzano le uscite migliori del black metal degli ultimi anni.
Chi già ha familiarità con la band noterà infatti che siamo molto lontani dal concetto di caos primordiale che caratterizzava alcuni brani composti nel passato dagli svedesi.
I Craft odierni mostrano una cura per i dettagli che non avrei mai pensato appartenere alle loro corde, in questo caso la parola “evoluzione” non è spesa a caso perché, a conti fatti, quello che si è perso in furia cieca si è guadagnato in logica e freddezza.
Sintetizzando all’estremo si può dire che i Craft del 2011 hanno smesso i panni dei distruttori di massa ed hanno indossato quelli di chi sa far male in maniera chirurgica.
E lasciatemi dire che anche quest’abito calza loro a pennello, “Void” è senza dubbio una delle uscite più interessanti di questo periodo in ambito black metal “classico”.
A voi l’ascolto.
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