“Amiamo l’Inverno, perché è la Primavera del genio”
Quello degli
Insomnium è un viaggio lungo 10 anni, una lunga strada tra la penombra e il crepuscolo, in un mondo in lacrime, strada che i 4 ragazzi finlandesi hanno percorso sempre insieme a partire da quell’ “
In the Halls of Awaiting” del 2002 che li ha lanciati e presentati all’intero panorama musicale come un saggio mix tra
In Flames, Sentenced e
Amorphis, attingendo da ognuna di quelle band il meglio fruibile.
E dopo 10 anni appunto rieccoli qui, sempre loro:
Niilo Sevänen al basso e al microfono,
Ville Friman e l’altro
Ville, Vänni alle chitarre e infine
Markus Hirvonen alla batteria. Sempre loro appunto, perché come ormai accade sempre più raramente nel mondo discografico la loro è un’amicizia che va oltre la musica e che li ha legati inscindibilmente in tutti questi anni.
E il primo, naturale pensiero che viene alla mente assimilato questo concetto è: si sente, altroché se si sente!
Gli
Insomnium sono cresciuti insieme come persone e come band, migliorando sotto ogni punto di vista, incorporando via via elementi sempre nuovi nel loro sound e abbandonando quelli meno incisivi, fino ad ottenere il piccolo gioiello che abbiamo oggi tra le mani, “
One for Sorrow”.
E fin dalla splendida copertina possiamo ben immaginare quello che ci aspetta nell’ascolto: cielo plumbeo, una vista sul mondo da un nascondiglio tra le fronde e uno stormo di corvi che sembrano intrecciare linee tra le nuvole, un'immagine ispirata al 110% alla tradizione del metal scandinavo, in particolare alle atmosfere più cupe tanto sponsorizzate dai
Sentenced.
Ma qui di gothic c’è pochissimo, vengono abbandonati quasi del tutto anche gli elementi più cari agli In Flames, presenti soprattutto nei primi due dischi, le coordinate di questo ultimo disco sono indirizzabili più ai primi
Amorphis, ai
Dark Tranquillity e addirittura in alcuni tratti agli
Amon Amarth.
Melodic Death Metal di matrice scandinava insomma, anche se gli Insomnium a volte si dimenticano totalmente di quel prefisso (“
Song of the Blackest Bird” ad esempio, in cui gli echi degli
Amon Amarth si fanno più pressanti) e riversano sul pentagramma una furia incredibile sotto forma di note e soprattutto nel growl potente e cavernoso di Sevänen, a parere di chi scrive uno dei migliori growl dell’attuale panorama metal, molto simile a quello rispolverato da
Tomi Joutsen nell’ultima fatica degli
Amorphis.
Poco spazio al cantato pulito quindi, anche se quando questo spazio viene concesso i risultati sono di assoluto valore emozionale, come nella splendida “
Only One Who Waits”, forse la più brillante delle 10 gemme che compongono “
One for Sorrow”, assieme all’antemica e conclusiva title track stessa, emozionale al punto giusto e a “
Lay the Ghost to Rest”, dove risalta in particolare l’eccellente lavoro delle chitarre.
Ma è tutto il disco ad essere davvero di livello eccelso, trasudando emozioni da ogni secondo, soprattutto tristezza, disperazione e dolore, un disco insomma da ascoltare in una fredda giornata invernale, coi pensieri dispersi tra il lento cadere della neve o rimasti intrappolati nell’acqua di un lago ormai ghiacciato.
C’è addirittura spazio per una lenta strumentale in punta d’acustica, “
Decoherence”, che ci permette di introdurre il discorso relativo ai due Ville: Vänni e Friman infatti si dimostrano ancora una volta il vero cuore pulsante degli Insomnium, tessendo trame chitarristiche di rara bellezza e originalità, variando tempi e armonie, riuscendo a non risultare mai noiose e facendo adeguatamente da base per gli innesti vocali del già citato Sevänen, sia nelle (seppur rare) parti più melodiche sia soprattutto in quelle più sostenute, dove si inserisce benissimo anche Hirvonen, il quale però rimane un po’ in secondo piano dato il valore eccelso di chi gli suona davanti. Un ascolto a “
Every Hour Wounds” può dare un’idea di quello che intendo. Unica lieve pecca è il basso, che in mano a un Sevänen più attento alla parte vocale risulta spesso poco udibile e incisivo.
In conclusione “
One for Sorrow” è quanto di meglio possiamo chiedere ad un disco di Melodic Death Metal in questo 2011. Per quanto mi riguarda, disco dell’anno per il genere. In attesa che le prime nevicate mi permettano di ascoltarlo con il dovuto mood, lo infilo nel lettore e chiudo gli occhi, immaginando paesaggi da sogno e steppe innevate. Grazie agli
Insomnium l’inverno è già arrivato.
Quoth the Raven, Nevermore..