Quando parliamo di progressive metal con bands come i siciliani
Deep Black Sees, cancellate dalla vostra testa il faccione di LaBrie, e sostituitelo con visi un po’ più smunti, smagriti, sofferenti… che ne dite di quelli dei Tool, dei Porcupine Tree, di certi Opeth? Ecco, l’universo sonoro attorno a cui ruotano i cinque di Castelbuono (PA) è più o meno quello, a cui è d’obbligo aggiungere una manciata di personalissimi attributi. Tutto questo per parlarvi del debut album di una band che, ridendo e scherzando, è finita in California per registrarlo, e per giunta sotto la mano esperta di
Sylvia Massy (Tool, R.E.M, Johnny Cash, System of A Down, ecc.), il che dovrebbe già darvi ottimi indizi sul livello e della band, e di questo “
Inside Outside”. Melodie disturbate e contorte si faranno strada in sette brani, dalla durata medio-lunga, in cui i nostri non lesinano di ‘intorcinare’ la canzone, la quale tende spesso a ripiegarsi su se stessa, inducendo claustrofobie sonore sorrette da chitarre distorte che fanno l’amore con melodie semplici e malinconiche. Ottima la prova strumentale, sul cantato dei due accreditasti chitarristi/singers avrei da esternare qualche perplessità, ma questo solo poiché sono un amante dell’intonazione a tutti i costi; in effetti, le melodie di “Inside Outside” stanno anche bene con un approccio più decadente, sporco e imperfetto al microfono, laddove si sacrifica un’oncia di prestazione vocale per recuperarla in pathos. Bocciato io, promossi loro, insomma.
Che altro aggiungere? Il dischetto è da fruire con calma e silenzio, perché molto intenso da un punto di vista emozionale. Lo scrivente non va matto per certe sonorità, ma si vede costretto a riconoscere ai Deep Black Sees una buona dose di carisma, che questo album di debutto palesa chiaramente. Se son rose fioriranno, speriamo vivamente di si. Forza picciotti!
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