Stranissimo caso quello degli alto-atesini
Graveworm che dopo tre album per etichette minori nel 2003 approdano alla potente
Nuclear Blast, ci incide un paio di lavori, viene declassata alla minore ma pur sempre storica
Massacre Records con la quale esce due volte nel 2007 e nel 2009, per poi approdare nuovamente in questo 2011 per la Nuke che dà alle stampe il nuovo "
Fragments of Death"; inaspettata parentesi simile a quelle di calciomercato quindi per il gruppo capitanato da
Stefan Fiori che prosegue con la loro proposta basata su un deathblack di stampo melodico (ma non troppo) e che, sinceramente, non capiamo come possa godere di tanta fiducia da parte di una delle etichette indubbiamente più influenti di tutto il panorama metal, nonchè del pubblico dato che in ogni caso i nostri sono giunti al traguardo dell'ottavo disco, che assolutamente non è poco.
Mentre complilavo la scheda della band e ricordavo buffamente come mi "incontrai" con loro nel lontano 1999, quando vedendo la copertina fantasy di "
As the Angels Reach the Beauty" pensai di apprestarmi a recensire un gruppo power metal, ammetto che mi sono oltremodo stupire nel vedere i voti che le nostre penne, attuali e passate, hanno riservato ai Graveworm, spaziando da un buon 6,5 ad un incredibile 8 assegnato a "
(N)utopia", probabilmente il loro disco più apprezzato e di maggior valore; com'è vero che le recensioni sono personalissime e che de gustibus non disputandum est, non posso esimermi dal sollevare più di un dubbio non solo sulla validità musicale del nuovo album dei Graveworm, bensì più generalmente sulla loro intera discografia.
Un deathblack davvero scontato, abusatissimo, ascoltato mille volte e spesso anche fatto meglio, privo di qualsivoglia scossone od emozione, con l'unica indubbia qualità dell'essere ben suonato.
Per il resto assoluta calma piatta su composizioni più che scolastiche ed anonime, che non sanno dove parare: poco efferate per esser black, poco brutali per esser death, poco catchy per essere melodic-qualsiasi cosa e così via, fermo restando che ben difficilmente qualche riffs o passaggio vi rimarrà impresso in mente o vi farà venir voglia di premere "repeat" sul vostro lettore.
"
Fragments of Death" è un disco che nulla toglie e nulla aggiunge al valore della discografia dei Graveworm, un gruppo che personalmente non siamo mai riusciti ad apprezzare ma che ha un buon seguito di appassionati, ed il numero di album e di shows collezionati lo testimonia, che potrebbero trovare questo nuovo lavoro degno; noi sinceramente consigliamo di guardare altrove.