Copertina 6

Info

Anno di uscita:2011
Durata:54 min.
Etichetta:Dangerous Dog Records

Tracklist

  1. THE SENTINEL
  2. RUN
  3. PLAYIN' IT OVER
  4. AS WE FALL
  5. CALL
  6. END OF THE DAY
  7. ALIVE AGAIN
  8. SILVER MOON
  9. FROZEN
  10. LONG ROAD

Line up

  • Terry Brock: vocals
  • Jim Drummond: drums
  • Ian J. Stewart: guitars
  • David Moore : keyboards
  • David Stewart: bass

Voto medio utenti

Dopo il controverso “Perfect world” e la separazione dalla Frontiers, francamente non mi aspettavo un ritorno così sollecito da parte degli Strangeways, e, forse, un pizzico di superiore ponderazione avrebbe giovato a questi veterani dell’AOR britannico.
Non serve, infatti, il rientro in line-up dello storico bassista David Stewart o il controllo assoluto delle “operazioni” (la Dangerous Dog Records è l’etichetta “personale” del gruppo) per ritrovare la magia dei “bei tempi andati” o per rendere meno apatico il “nuovo” corso della band, quello che così tante perplessità aveva destato nel precedente lavoro.
Il risultato è ancora una volta un disco molto levigato e soffuso, che per conquistare gli ascoltatori punta tutto sulla carica emotiva e che invece fallisce proprio perché tale attributo è soffocato da un’eccessiva piattezza compositiva, riuscendo a far passare in secondo piano anche la voce stupenda di Terry Brock, smarrita in un contesto oltremodo ripetitivo, freddo e soporifero.
Detto che gli Strangeways non sono mai stati, in realtà, straordinari campioni di dinamismo o esempi edificanti di pluralità espressiva, è altrettanto vero che una suggestiva ampiezza armonica e una sofisticata efficacia interpretativa rappresentavano le armi principali atte a debellare tali “difetti”, mentre in “Age of reason” queste prerogative sembrano essere state sostituite da una forma d’inerzia che impedisce alle canzoni di decollare, rendendo il programma sofferente, abbastanza sterile, illuminato solamente da qualche spunto isolato, di classe, eppure troppo “debole” per sollevare il Cd da uno status di nitida mediocrità, condizione assolutamente inadatta al lavoro di una formazione riconosciuta (magari troppo generosamente, come sostiene qualcuno …) come una delle figure fondamentali del suono adulto inglese.
E non è una questione di “genere” o di un percorso sonoro che oggi, così come nel recente passato, unisce i maestri del rock melodico “classico” con alcune icone del suono “radiofonico” più “contemporaneo” (U2, ultimi Pink Floyd, addirittura qualche vaga suggestione Coldplay-esque, estremizzando il concetto!), qui il problema è maggiormente “radicato”, non si tratta di diversi schieramenti o, eventualmente, di nostalgie “ottantiane” (anche se è verosimile identificare il grosso del pubblico degli Strangeways in chi subisce il fascino di quegli anni, qualunque sia la sua età anagrafica), ma di una musica che non incide come dovrebbe e non lascia segni apprezzabili del suo passaggio.
“Consoliamoci” con i già menzionati momenti migliori dell’album, l’ammaliante “The sentinel”, le avvolgenti “Run” e “Call”, seguiti da “As we fall” e “Alive again”, temi emotivi tutto sommato dignitosi (in cui si accentua l’influenza Journey-iana), e da una discreta “Playin' it over”, notturna e appena un po’ leziosa, capace di unire Bolton e Bono (!) nel suo languido incedere atmosferico.
Insomma, se questi sono gli effetti dell’Età della Ragione era meglio rimanere ingenui e dissennati, con quel “fuoco”, però, che faceva apparire convincente anche un approccio piuttosto rigoroso e codificato.
Forse il “segreto” è proprio questo e spero ardentemente che gli Strangeways riescano a recuperare, prendendosi tutto il tempo necessario, un po’ di quell’antico spirito, purtroppo scarsamente rintracciabile in “Age of reason”.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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