I God Forbid giungono alla loro quinta fatica discografica (quarto full-lenght) e ci allietano col loro metalcore che cita mille influenze, poche delle quali, per la verità, veramente degne di menzione. Stiamo parlando di una band atipica, una band che pure essendo composta per 4/5 da ragazzi di colore, non fa alcuna menzione a qualsivoglia background razziale e di conseguenza sono banditi hip-hop, reggae, afro-music, soul ed eccetera eccetera. Lungi da me fare riferimento allo stereotipo del "colored" che, in abiti extralarge, mette in rima tutti gli input introitati dall'osservazione della realtà, ma la verità è che una, seppur minima, influenza di tal sorta sarebbe stata molto gradita. Invece i God Forbid preferiscono suonare come una sorta d’ibrido tra una band di death melodico scandinavo (Arch Enemy? At The Gates? Una a caso?) ed una thrash band americana (Pantera per l'aggressione ed il groove e primi Grip Inc. per la melodia) con un pizzico di furia hardcore. Il risultato è discreto, facendo forza su un quasi perfetto mix di potenza, melodia ed aggressione, ma sul piano compositivo siamo a debita distanza da sprazzi di genuino e incontestabile talento creativo. Buone sono la produzione e la prova tecnica della band, il cantante è abile a giostrare tra vocals grezze e potenti e parti più pulite che esaltano le doti melodiche, notevoli, di questa band. Le songs cardini di questo disco sono, secondo me, "Precious Lie", "Washed Out World" e "Gone Forever" (una gran bella mazzata). In definitiva un disco discreto che tuttavia non aggiunge nulla di significativo al panorama internazionale, ma se vi va di dargli un ascolto di certo male non farete.
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