Il tanto atteso ritorno sulle scene da parte dei romani Stormlord è giunto e reca con se grandi conferme e non poche sorprese; non esagero assolutamente nel definire questo il disco della definitiva consacrazione, il più completo, quello realizzato con più cura, dove un alacre "labor limae" è tangibile in ogni singola nota stesa su di un tappeto incredibilmente affascinante. I ragazzi sono maturati e si sente e le composizioni sono figlie di una grande maestria nel saper giostrare parti sinfoniche con sfuriate al limite del black; insomma, quanto di meglio hanno potuto fare gli Stormlord viene amplificato in questo gioiello chiamato "The Gorgon Cult". L'apertura è affidata alla magnifica "Dance of Hecete", preceduta da un breve intro strumentale: i cambi di tempo si susseguono, le chitarre creano una grande muro di suono in costante evoluzione, supportato da un tappeto di tastiere davvero suggestivo, mai come in questo platter. Sono tutti in gran forma a partire dal nuovo arrivato, Gianpaolo Caprino, che va dunque a formare una gran coppia con Pierangelo Giglioli; Borchi alla voce è completamente a suo agio sia nelle parti di screaming che in quelle più gutturali mentre Scazzocchio alle tastiere crea delle atmosfere uniche. Ancora una volta si confermano in gran forma Bucci e Folchitto, dando vita ad una sezione ritmica devastante, capace di dirigere perfettamente sia le parti veloci, ormai vero e proprio trademarck della band, che quelle più cadenzate come i numerosi mid-tempo presenti nell'album.
Le canzoni scorrono via che è un piacere e sentire di fila "Wurdulak", "Under the Boards" e l'orecchiabilissima "Oath of the Legion" fa capire quanto la band sia in forma; il seguente "The Gorgon Cult" è un pezzo molto complesso, bellissimo, che alterna accelerazioni a rallentamenti repentini, cantato pulito a scream, il tutto condito da un tappeto di tastiere azzeccatissimo che anche nei momenti in cui sembrerebbe soccombere sotto le pesantissime chitarre e un basso tonante, si prodiga a creare un sottofondo atmosferico da brividi. "Memories of Lemuria" è una grande prova strumentale, passionale, calda, a tratti teatrale, mentre "Medusa's Coil", il cui testo è tratto da un racconto di Lovecraft, risulta uno dei pezzi più pesanti del repertorio, con continui ammiccamenti ora al black, ora al thrash. La seguente traccia è l'attesissima cover dei Maiden, "Moonchil", uno dei pezzi meno usuali della band inglese e proprio per questo scelto come soggetto; nonostante la provenienza sia evidentissima, il grande lavoro di riarrangiamento della band l'ha resa una vera e propria Stormlord-song, bella e coinvolgente e alla luce dei fatti, riuscitissima.
Giungiamo dunque alla chiusura con "Nightbreed", pezzo che chiude splendidamente un album superlativo; in questo brano la tastiera è in evidenza con grandi momenti che raggiungono il top del pathos. Solo una menzione ai contenuti extra del disco: 40 minuti di mp3 con pezzi live e altri tratti dai progetti paralleli dei componenti del gruppo, oltre a biografia e foto.
Sento che spendere altre parole sia inutile per questa band che oltre a confermarsi tra le più fulgide realtà del nostro panorama ha saputo fare il passo successivo, sfornando un album magistrale che, è il nostro auspicio, potrà consacrare gli Stormlord in Italia e anche all'estero.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?