C'era una volta il thrash di metà anni '90 e adesso, dopo il revival anni '80, tra poco tempo ci ritroveremo ancora a che fare questo mondo fatto di chitarre con accordature ribassatissime, distorsioni monolitiche, calzoni larghi e bandane in testa.
Magie del trend e del music buisness dalle quali possiamo far poco per difenderci, se non ricordarci di come vanno le cose, per fortuna e purtroppo.
Verremo sommersi da gruppi nuovi che vorranno suonare come i Machine Head, signori di mezza età che nel '93 fecero un demo copiando
Chaos A.D. e onesti mestieranti spacciati dalla label di turno, qualche volta giustamente ma molto più spesso in maniera totalmente arbitraria, come i grandi incompresi dell'epoca.
I tedeschi
Hate Squad fanno parte di quest'ultima categoria; originari di Hannover, non sono dei novizi. Nati a inizio anni '90, registrarono 3 dischi per poi sciogliersi nel 1998 e riformarsi nei primi anni del nuovo millennio.
Pur non essendo una classica "clone band", i loro album non riscossero un grosso successo, per qualcuno per via della scarsa promozione della loro etichetta dell'epoca, secondo altre opinioni per colpa di un songwriting piuttosto scadente.
Il loro sound può essere definito come una via di mezzo tra il thrash americano di metà anni '90, quello che aveva come capostiti 4 texani che si vergognavano del loro passato (i Pantera per intenderci), unito a qualche venatura hardcore, con l'aggiunta di alcuni spunti tipici del Death Metal svedese.
L'ultima fatica della band si intitola "
Katharsis" e si compone di 10 canzoni più 3 brevi strumentali piuttosto inutili! Infatti qualcuno prima o poi mi spiegherà che senso ha mettere 13/14 canzoni per riempire un disco, quando con qualche "filler-song" in meno se ne guadagnerebbe in qualità.
La prima parte del Full lenght non è molto ispirata, tolta "
Your rotten life" e il suo mood che richiama i migliori Entombed, il resto dei brani non hanno un guizzo che riesce ad attirare la mia attenzione nemmeno dopo più ascolti.
Devo aspettare di arrivare alla traccia numero 8 per trovare qualcosa di ispirato, si tratta di "
Vicious assault" che colpisce tra rallentamenti e accellerazioni improvvise mostrando la varietà e l'aggressività assente precedentemente.
Le ultime canzoni sono la parte migliore del disco, "
Old times... good times" colpisce nella sua semplicità grazie a un ritornello facilmente ricordabile, mentre "
Kill" può contare su riffs molto robusti e ritmati.
Morale della favola, si tratta di un genere che non è nelle mie corde ma che presto tornerà per la maggiore, mentre il disco nella sua totalità non è niente di trascendentale, anche se c'è certamente di peggio in giro.
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