“È quando il corpo è tra quattro mura che lo spirito fa i suoi viaggi più lontani”
E ascoltare un disco di
Neige è, volente o nolente, intraprendere un viaggio. Un viaggio più spirituale che fisico, un qualcosa di associabile a un viaggio astrale, pur non avendone mai provato uno, con la fortissima sensazione di muoversi nell’aere, cambiando paesaggio all’ascolto di ogni nota, di ogni soffio, bisbiglio, urlo, sussurro..
Neige, perché gli
Alcest SONO Neige. Sono la sua creatura meglio riuscita, sono il porto franco dove la sua anima di sognatore riesce a riposare e a mettersi in contatto con gli spiriti di altri mondi, per permettergli di fare da tramite tra quei mondi e il nostro, e renderci partecipi della loro magia attraverso un pentagramma, una chitarra, una batteria, un microfono.
Tutto questo è racchiuso in “
Les Voyages de l’Ame”, mai titolo fu più azzeccato. Il terzo lavoro degli Alcest (quarto se includiamo l’EP “
Le Secret” del 2005) è forse il più riuscito della loro discografia, il culmine di un percorso musicale e personale, che include in se tutti gli elementi sviluppati nel corso di questi 10 anni in cui il progetto ha avuto vita.
E s’inizia già dalla copertina di Fursy Teyssier, che già aveva realizzato quella di “
Ecailles de Lune”, splendida ed evocativa, con un pavone che si staglia nella luce del giorno e la greca che circonda il titolo a richiamare ancora una volta la coda dell’animale.
Poi c’è la musica, la colonna sonora del nostro viaggio. E fin dalle battute iniziali, con “
Autre Temps”, è facile rendersi conto che sarà uno dei più piacevoli della nostra esistenza: l’approccio è particolare, decisamente più catchy di quanto eravamo abituati ad ascoltare ma assolutamente non banale, pur presentando una struttura piuttosto lineare. E la voce di
Neige è la solita, angelica, onirica melodia, che ci prende letteralmente per mano, ci sfiora e ci trasporta la dove nessuno era mai stato prima, facendo da “trait d’union“ tra sogno e realtà, tra la spiritualità e la concretezza, la dove la sublimazione raggiunge lo stato dell’arte.
Segue “
Là Où Naissent les Couleurs Nouvelles”, la canzone più lunga del disco, che forse paga un po’ proprio questa sua prolissità, perdendosi a metà strada dopo un inizio intrigante e ruffiano, sfociando un po’ troppo repentinamente negli scream di Neige e lasciando in bocca un senso di smarrimento.
Rispetto al passato la componente black è relegata al minimo, anche e soprattutto nel cantato, trovando spazio più o meno ampio solo nella già citata “Là Où Naissent les Couleurs Nouvelles”, nella centrale “
Beings of Light” e soprattutto nella splendida “
Faiseurs de Mondes”, canzone finemente variegata e capace di provocare emozioni contrastanti, che a mio parere se la gioca con la title track per la palma di migliore del disco e in assoluto come migliore di tutta la discografia dei francesi.
Anche quando le corde vocali di Neige si prendono un paio di minuti di riposo, come nella semi-conclusiva “
Havens”, il livello resta eccelso, dimostrando quanto abbiamo a che fare con un’artista completo e non un semplice cantore.
E come un lampo estivo arriva la conclusiva “
Summer’s Glory”, con la sua allegra malinconia, un ossimoro che ben descrive una canzone con una doppia anima inscindibile, a patto di non voler rovinare un piccolo gioiello. E’ la conclusione del nostro viaggio, la meta tanto agognata, il preambolo del ritorno. Perché ci sarà un ritorno, anche più d’uno, è impossibile limitarsi a una sola visita.
Ma intanto una fine è arrivata, quella di questa recensione. Compito arduo, perché è davvero difficile trovare le parole adatte, troppo spesso si ha l’impressione di calcare troppo la mano, di spezzare un sottile equilibrio che solo uno, due, mille ascolti silenziosi possono preservare intatto. Limitiamoci quindi ad ascoltare, ad assaporare e a godere di ogni istante, perché “
Les Voyages de l’Ame” ce ne da l’opportunità ogni qualvolta ne abbiamo voglia. Poteva iniziare meglio questo 2012?
Quoth the Raven, Nevermore..