Sinceramente non credo ci sia molto bisogno di gruppi come gli israeliani Orphaned Land, che avevano già stufato all'epoca dell'uscita dei loro primi due dischi ("Sahara" e "El norra alila") e che, dopo sette anni di assenza dalle scene, sono tornati con questo concept album dal titolo "Mabool: the story of the three sons of seven". Ci sono migliaia di band che hanno proposto delle varianti melodiche o sinfoniche del metal più classico, del death o del black: alcune sono riuscite perfettamente nell'impresa, creando qualcosa di completamente nuovo e diverso, altre magari hanno pubblicato degli album tecnicamente validi (o addirittura ineccepibili) ma privi di originalità, altre ancora invece hanno solo contribuito a riempire gli scaffali dei negozi con materiale inutile. Nel caso degli OL direi che il loro nuovo full-lenght appartiene senz'altro all'ultima delle categorie che ho elencato, in quanto non riesco a trovare nessun elemento veramente interessante nella musica in esso contenuta. Di sicuro il gruppo un po' di strada l'ha fatta rispetto agli esordi, e non si può neanche parlare di musicisti incapaci, ma il loro mix tra vari generi di metal (troppi!!) e melodie arabeggianti è davvero difficile da mandar giù. Personalmente non ho nulla contro le musiche della tradizione mediorientale e trovo che il loro utilizzo, in certi contesti, sia anche molto utile e appropriato, in questo caso però mi sembra una forzatura vera e propria che alla fin fine si rivela anche controproducente. Le song di "Mabool" tendono infatti ad annoiare, e la band non riesce a risollevare le proprie sorti neanche nei rari casi in cui lascia un po' perdere certe influenze "etniche" per dedicarsi ad un sound meno contaminato e più classicheggiante. Quest'ultima situazione si verifica ad esempio in brani come "A call to awake" (decisamente prog-oriented) e "The storm still rages inside" (più sull'heavy melodico), che c'entrano poco con tutto il resto del disco e sembrano più dei riempitivi che altro (in poche parole questi ultimi potrebbero essere considerati dei buoni pezzi se fossero inseriti in un altro tipo di album, ma in questa situazione non hanno molta ragione di esistere...). Non parliamo poi di altri episodi (completamente diversi da quelli appena citati) nei quali invece gli israeliani si esibiscono in una sorta di arabian death/black, il risultato infatti è davvero poco sopportabile e in alcuni casi può addirittura suscitare una certa ilarità! Come dicevo inizialmente la musica degli Orphaned Land è un po' troppo priva di attrattive per non esser giudicata superflua, e questa nuova uscita non fa altro che riconfermare in pieno tale convinzione.
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