E' una domenica mattina di routine in Piazza del Vaticano. Il Papa si affaccia al balconcino esattamente come tutte le altre volte, ma quando si gira la folla inorridita si accorge che forse quello'uomo che li sta salutando non è esattamente il Pontefice. E' Nattefrost dei Carpathian Forest che, ridendo come un matto, estrae un Uzi e comincia a sparare all'impazzata sui fedeli. Questa potrebbe essere senza troppi problemi un'immagine abbastanza fedele del lavoro solista di questo pazzo norvegese, che vuole a tutti i costi farci capire chi sia Nattefrost, anche - come vedremo più avanti - nelle cose "semplici" di tutti i giorni. Il leader dei Carpathian Forest (recentemente separatosi dal suo compagno d'avventura Nordavind) tiene moltissimo a questo progetto solista, e per questo motivo suona egli stesso tutti gli strumenti, lasciando all'ospite Nordavind (geniale!) qualche backing vocal. Musicalmente "Blood & Vomit" è tutto quello che avrei voluto sentire dai Carpathian Forest, ma che dopo "Black Shining Leather" non è purtroppo mai più stato composto. Black Metal ritmato, marcio, veloce, pulsante, furioso... una specie di "Black'n'Roll" tanto per intenderci! Se ripensate ad un pezzo come "The Swordsmen" non vi sarà difficile immaginare il contenuto di "Blood & Vomit": una colata di riff già sentiti un migliaio di volte ma proposti in una veste talmente groovy e rockeggiante da spappolare la testa per l'headbanging, una batteria molto aggressiva e la voce di Nattefrost filtrata quanto basta per completare l'opera. Le 11 tracce sono tutte di ottima fattura (a parte la cover "The Gate Of Nanna, troppo moscia), ma tra loro spicca la perla "Sluts of Hell" il cui ritornello è talmente coinvolgente da farsi cantare quasi come fosse una hit da classifica. In tutto questo ben di Satana - come anticipato prima - ci capiterà di ascoltare Nattefrost alle prese con dei fastidiosi conati di vomito, durante lo svuotamento del pipino, nella pratica sadomaso con la moglie del vicino di casa e mentre spara su una folla impaurita di poveri cristiani. Però questo, anche a dei malvagi e trasgressivi black metallers come noi, nonostante tutto potrebbe assolutamente non interessare. Resta l'assoluto valore di un lavoro che si lega al passato in modo non anacronistico, ma si spinge anche verso il futuro di un black metal quasi scanzonato in cui i piatti della bilancia restano sempre parecchio in bilico tra credibilità e ridicolo (basti pensare che la parola 'Satan' è ripetuta quasi più volte dell'articolo 'the').
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